Il seme della cura non è, forse, già contenuto nel terreno della malattia? Una domanda, questa, che attraversa tutto il libro scritto da un medico durante il tempo della propria malattia avvenuta nel corso delle prime due ondate pandemiche. Un viaggio attraverso ricordi, racconti, casi di pazienti, esperienze di colleghi, letture ritrovate che sono state il motore di riflessioni sui temi della cura e della malattia. La cura, prima che una risposta, è una domanda che ci costringe a sostare davanti a noi stessi ma soprattutto davanti all’altro. Il trauma della pandemia ha lasciato in dono una grande lezione per chi l’ha voluta accogliere: non sarà l’appagamento individuale ma la capacità di farci responsabili non solo di noi stessi ma anche della relazione con l’altro a rendere la nostra vita migliore. Saper assumere le parti scomode, il dolore, la sofferenza, senza rigettarle, offrendo loro ospitalità dentro di noi, rimanere accanto alla fragilità dell’altro, pur senza risposte, permette di accedere a quel nucleo di verità che ci accomuna come esseri umani. I casi clinici, i racconti, contenuti in questo libro ci mostrano il senso e la direzione di questa verità. La medicina, quale scienza dell’uomo, proprio al fine di perseguire il rigore, è sempre più chiamata ad accogliere tali esperienze nei propri orizzonti di pensiero perché sono queste ad insegnarci che la cura deve, prima di tutto, saperci fare con quell’umana verità che non può essere ridotta all’esattezza. Doris Bonetti, specializzata in Medicina Riabilitativa e psicoterapeuta, lavora come fisiatra presso Azienda Usl Toscana nord ovest di Lucca. Ha pubblicato per Libreria al Segno Editrice, nel 2009, Quando il corpo non è riparabile: un apporto psicoanalitico alla Medicina Riabilitativa, e vari articoli sui temi della relazione di cura in ambito medico. Il Meeting Nazionale del Gruppo Italiano Felicità e Salute Positiva è stato un’esperienza unica nel nostro Paese. Le altre associazioni e società scientifiche hanno realizzato meeting online, ma pensati nel vecchio modo: una o più giornate consecutive di incontri. Il nostro è stato invece costruito per sfruttare al massimo le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e si è protratto per un anno. I contributi che sono giunti in questo secondo volume completano gli obiettivi culturali che ci siamo posti in modo dinamico. Alcuni contributi sulla guerra, purtroppo, sono una novità inattesa e i contributi sulla gentilezza completano un’idea avuta in corso d’opera: la Giornata della gentilezza.
Con questo volume possiamo concludere il percorso che abbiamo pensato all’inizio e dire: punto accapo. Di seguito riportiamo il titolo, gli autori dei paper e l’abstract. Il contenuto dei paper è disponibile nella versione cartacea o elettronica del libro. La gratitudine nella popolazione fibromialgica: studio cross-sectional sulla popolazione italiana Michelangelo Bacci, Sergio Ardis, Veronica D’Elia, Giulia Guidi, Giulia Gemignani, Matteo Fantozzi1, Michela Maielli. Il presente studio è stato realizzato con lo scopo di studiare le correlazioni tra gratitudine e sintomatologia fibromialgica. Lo studio è stato disegnato come studio cross-sectional. Una survey nazionale ha permesso di includere nello studio 204 pazienti fibromialgici (solo 4 maschi). Al campione sono state somministrate una scala di gratitudine e una scala per la valutazione dei sintomi. I risultati hanno evidenziato una correlazione negativa tra gratitudine e punteggi alla scala diagnostica di malattia. In particolare la gratitudine è risultata correlata negativamente sia all’Indice di diffusione dei sintomi che alla Severità dei sintomi. Gratitudine e speranza nei sanitari durante i primi due anni di pandemia: longitudinal ecological study Valerio Martinucci, Virginia Giannini Pieroni, Ilenia Bernardini, Veronica D’Elia, Giulia Genignani, Vanessa Angelini, Matteo Fantozzi, Michela Maielli, Sergio Ardis. Lo scopo dello studio era quello di confrontare i livelli di speranza e gratitudine misurati durante il primo lockdown del 2020 e a un anno di distanza nel 2021, nei sanitari italiani. Per raggiungerlo è stato scelto come disegno di studio il longitudinal ecological study. La gratitudine è stata misurata mediante il Gratitude Questionnaire-6 (GQ6) e la speranza mediante l’Herth Hope Index (HHI). Le misurazioni sono state effettuate per ogni sottogruppo dei partecipanti allo studio divisi per: sesso, macroregione di appartenenza, titolo di studio, lavoro presso reparto covid, positività al virus e vaccinazione. Lo studio ha evidenziato un sostanziale mantenimento dei livelli di gratitudine e una riduzione dei livelli di speranza tra il primo e il secondo anno di valutazione. Nell’articolo vengono ipotizzate possibili spiegazioni dei risultati. La gentilezza nelle organizzazioni aziendali Matteo Makowiecki La gentilezza è stata studiata in diversi ambiti e definita sia a livello psicologico che etico e utilitaristico. Gli effetti della gentilezza nell’ambiente di lavoro sono stati studiati solo recentemente, ma sono stati reputati positivi da tutti gli studi disponibili. La presenza di comportamenti di gentilezza sia tra colleghi che da parte delle risorse umane o della leadership aziendale ha portato ad un migliore stato emotivo dei dipendenti, a un maggiore senso di appartenenza a una comunità e a migliori performance individuali. La creazione di una cultura aziendale che promuove la gentilezza rimane difficile a causa del bisogno di coinvolgere tutti i dipendenti e di dare esempi soprattutto dall’alto che non sempre sono presenti. Questo articolo definisce i lati positivi derivanti da comportamenti di gentilezza nelle aziende e definisce come l’inclusione della gentilezza nei codici etici delle aziende, insieme ad una migliore implementazione di questi codici, possa portare a una performance migliore dell’azienda e dei singoli dipendenti. Tradizione e modernità del dibattito intorno al diritto alla felicità Nicola D’Anza Esiste un antico e appassionato dibattito intorno alla dimensione giuridica della felicità e alla possibilità che questa possa formare il contenuto di un vero e proprio diritto soggettivo. Le principali difficoltà originano dalla indeterminatezza e vaghezza che caratterizzano la stessa parola felicità e dalla molteplicità di significati che essa ha assunto con il passare del tempo e nelle diverse correnti di pensiero. Il concetto di felicità appare come inafferrabile ed evanescente, difficilmente misurabile e quantificabile, ragion per cui spesso le scienze, che negli ultimi decenni maggiormente si sono ad esso accostate, tendono a operare attraverso categorie diverse. Del resto, spesso i concetti tendono a sovrapporsi e a intersecarsi. Ciò è ad esempio evidente nel caso della nota definizione di salute contenuta nella Costituzione dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo la quale essa consisterebbe in uno «état de complet bien-être physique, mental et social, et ne consiste pas seulement en une absence de maladie ou d’infirmité» (Constitution de l’Organisation mondiale de la santé, préambule). In quest’ottica, ben difficilmente si potranno perimetrare e distinguere i concetti di felicità, salute e benessere. Il concetto di felicità, oltre alla sua natura polisemica, si caratterizza inoltre per un’accentuata “trasversalità”, resistendo a qualunque tentativo di confinarla in specifici ambiti settoriali. Per altro verso, come si dirà, appare evidente come nel tempo sia stata progressivamente abbandonata la sua dimensione sociale e intersoggettiva in direzione di una caratterizzazione maggiormente individualistica e utilitaristica. Gentilezza: un salvagente nel mare della sofferenza Veronica D’Elia, Sergio Ardis La gentilezza è un costrutto giovane della famiglia della psicologia positiva, motivo per cui ne esistono poche definizioni. Schopenhauer nel 1840 cercò di definirlo come una virtù e una parte integrante dell’etica, autori più moderni la considerano come una componente della natura umana, come un tipo di comportamento caratterizzato da atti di generosità, considerazione e preoccupazione per gli altri senza la necessità di aspettarsi qualcosa in cambio. La gentilezza ha diverse sfaccettature e si evolve insieme alla persona durante la sua crescita, rappresentando un approccio positivo nei confronti della vita. La gentilezza non ha limiti e va al di là dei confini fisici e concettuali. C’è chi la considera come formata da tre componenti: emozioni gentili, cognizioni gentili e comportamenti gentili (Malti, 2020). Altri ne individuano sei tipi (Berry, 2017) finendo per considerarla come un salvagente nel mare della sofferenza. Fryburg (2022) ha raccolto nella sua review degli atti che permettono di promuovere la gentilezza e che generano in una popolazione una forte coesione sociale e un rispetto reciproco. Numerosi studi hanno dimostrato l’influenza della gentilezza sulla soddisfazione per la vita, sul benessere e sulla gratitudine. Studi in cui la gentilezza è stata misurata attraverso i quattro item della subscala della gentilezza della scala VIA. La salute positiva nella fibromialgia: indagine di medicina narrativa Greta Casciotti, Patrizia Monaco, Veronica D’Elia, Michela Maielli, Michelangelo Bacci, Sergio Ardis Lo scopo del presente studio era individuare dimensioni componenti il vissuto delle persone fibromialgiche e individuare dimensioni di salute positiva influenti. Per raggiungere lo scopo è stato utilizzato uno studio qualitativo di medicina narrativa utilizzando il metodo Giorgi per l’analisi dei testi. Con lo studio dei testi sono state individuate otto aree tematiche, che ricorrevano in modo simile nelle testimonianze: dolore, storia di disagio o traumi, depressione e uso di psicofarmaci, sintomi di accompagnamento e comorbilità, ritardo e difficoltà della diagnosi, miglioramento dopo la diagnosi, gratitudine e, infine, speranza. Sono state discusse le connessioni e individuati elementi intermedi influenti inseriti nel vissuto narrato. La paura della morte e del morire negli studenti del terzo anno del corso di laurea in infermieristica: studio narrativo Virginia Giannini Pieroni, Patrizia Monaco, Valerio Martinucci, Veronica D’Elia, Giulia Gemignani, Michela Maielli, Michelangelo Bacci, Sergio Ardis Ogni morte genera nell’essere umano una fenomenologia di perdita dolorosa, ovvero un processo luttuoso. Gli infermieri vengono messi di fronte alla morte sin dal primo anno di studi e quindi devono imparare a confrontarsi con essa e con la fenomenologia del morire. Il presente studio nasce con l’obiettivo di acquisire conoscenze sul vissuto della morte e del morire negli studenti iscritti al terzo anno di Infermieristica all’Università di Pisa in epoca pandemica. Attraverso la redazione di un racconto scritto, faremo luce su cosa pensano relativamente alla propria morte, alla morte altrui, al proprio fine vita e al fine vita altrui. I testi oggetto di studio sono stati raccolti nel primo semestre dell’A.A. 2020-2021 tramite un form online dove veniva dato come incipit per l’elaborazione “La prima volta che ho visto una persona morire”. Sono state raccolte un totale di 38 testimonianze, ma ne sono state analizzate solo 32; sono stati esclusi i testi di 5 studenti che non avevano dato il consenso ed anche il testo della candidata. Il quesito che è stato posto agli studenti per la redazione dell’elaborato era relativo alla prima e personale esperienza legata al decesso di una persona. Alcuni di essi erano relativi alla morte di una persona cara, altri alla morte di un paziente. Grazie al metodo Giorgi, abbiamo potuto individuare 7 aree tematiche frequenti che si ripetevano all’interno di entrambi i sottogruppi. Sul totale di 32 testimonianze, 24 raccontavano le emozioni relative alla morte di un paziente e 8 le emozioni relative alla morte di una persona cara. I dati qualitativi ci mostrano una risposta luttuosa normale per la morte di una persona cara, mentre ci danno un quadro frequente di sofferenza quando gli studenti vivono questo evento come morte di un paziente. Alla luce delle conoscenze apportate dallo studio potrebbero essere proposti dei training di preparazione alla morte che mirino ad ottenere una risposta resiliente all’evento. Una malattia per la vita. L’esperienza della disperazione nella malattia cronica alla luce del pensiero di Kierkegaard Lucia Libondi In questo scritto ci si propone di rileggere, alla luce di alcune riflessioni proposte dal filosofo danese Kierkegaard, quel peculiare tipo di esperienza esistenziale quale è la convivenza con una malattia cronica invalidante. Verranno messe a confronto l’esperienza della malattia con quella della disperazione come disagio esistenziale descritta da Kierkegaard. Verranno quindi analizzate le conseguenze dei due disagi nella dimensione pratica e i risvolti di questi cambiamenti sulla volontà dell’individuo. In particolare mi riferirò a una malattia neuro-immune di cui non sono ancora conosciute le cause e la cura, e che si stima affligga dai 17 ai 30 milioni di persone al mondo: l’encefalomielite mialgica o sindrome da fatica cronica (ME/CFS). Il caso della ME/CFS sembra particolarmente interessante, all’interno dell’ampio insieme di disturbi cronici esistenti, perché le condizioni di vita delle persone affette dalla patologia nella loro descrizione sono del tutto simili all’esperienza esistenziale della disperazione così come descritta da Kierkegaard. Il filosofo danese indica la disperazione come occasione di operare il grande salto tra lo stile di vita estetico e quello etico, occasione quindi di migliorare la qualità della propria esistenza. A partire dal punto di vista di Kierkegaard, si metteranno in luce i cambiamenti che la patologia introduce nella quotidianità dei malati e si cercherà di dimostrare che anch’essa può essere interpretata come occasione di miglioramento, se non altro, a livello esistenziale. Vedremo come le circostanze imposte dalla malattia possano avere il felice esito che può avere la disperazione per il filosofo, se affrontata in modo costruttivo, ovvero quello di portare l’individuo a scegliere il se stesso più autentico. Si potrebbe dire che la malattia forzi la disperazione a emergere al punto che, come dice il Wilhem di Kierkegaard, ci si trova a un bivio «cosicché non ci sia altra via d’uscita che lo scegliere». La bellezza della cura: metodo di formazione e ascolto attivo Silvana Kuhtz Leggere a voce alta e ascoltare questa forma di musica significante è una scoperta di sé e degli altri, è essenziale come respirare. Le parole hanno un valore espressivo e curativo, aiutano a fare ordine e a prendere il controllo in situazioni fuori dal nostro controllo. Ascoltare, leggere a voce alta ha forti impatti sulla salute dei pazienti in strutture sanitarie di vario genere. In questo articolo si descrivono alcune esperienze del metodo “La bellezza della cura”, che è un metodo di formazione ECM per le asl (in particolare la ASL Bari) che usa poesia e musica nei giorni di lezione. Viste le difficoltà sorte durante la pandemia è diventato un metodo che attinge a tutto un archivio audio ricco di tracce in italiano e in francese, cui chiunque può accedere gratuitamente, nato specificamente durante il lockdown. Le tracce sono state preparate e registrate opportunamente da professionisti della parola detta a voce alta. Il mare nelle narrazioni autobiografiche pandemiche degli adolescenti Andrea Tarantino, Francesco Bearzi In alcune narrazioni autobiografiche pandemiche adolescenziali, fecondamente correlabili con le evidenze restituite da altri strumenti etnografici, emerge la presenza del mare come paradigma esperienziale e metaforico della trasformazione. Quanto vissuto a contatto con il mare, con tutto il proprio essere, è stato riscoperto da questi adolescenti in regime di quarantena come modello della pienezza della tanto agognata libertà. Il mare, inoltre, ricorre nei racconti e nei diari autobiografici come metafora dell’immersione nelle insondabili profondità della psiche e nelle “ulteriorità” dove si fondono i Sé possibili e l’Altro, per rappresentare gli straordinari processi introspettivi attivati in molti adolescenti dalla situazione pandemica, soprattutto durante il lockdown. La contemplazione del mare, concretamente sperimentata e al tempo stesso paradigma metaforico di consimili esperienze, tende infine, in alcune narrazioni autobiografiche, a compendiare tutte le pratiche di immersione nella natura spontaneamente agite nel corso della propria esistenza, orientando verso modalità di funzionamento dell’organismo secondo “relazionalità ecosistemica”. Difficoltà adolescenziali nelle diverse fasi pandemiche a confronto: un focus group Francesco Bearzi Per comprendere l’esperienza pandemica adolescenziale è essenziale apprezzarne l’articolazione in diverse fasi, caratterizzate da peculiari criticità e opportunità evolutive. In un focus group realizzato nel dicembre 2021, con la partecipazione di 48 studenti liceali (16-19 anni), articolati in quattro distinti gruppi classe, si sono confrontate le difficoltà affrontate nel corso della “prima fase pandemica” ‒ lockdown totale, inizio marzo-inizio giugno 2020 ‒ e della “seconda” ‒ anno scolastico seguente, metà settembre 2020-inizio giugno 2021. Risulta confermato e approfondito il quadro sempre più chiaramente delineato dall’utilizzo di vari strumenti di ricerca, specie etnografici. Una minoranza di adolescenti riferisce vissuti particolarmente critici nella prima fase, che molti invece considerano uno straordinario, benché sofferto, détournement. La stessa concezione dell’esistenza stimolata dalla pandemia presenta notevoli punti di forza, da valorizzare, come richiesto dall’Unesco, in termini di re-immaginazione di futuri equi, pacifici e sostenibili. Riemergono infine, in questi focus group, i ruoli profondamente divergenti esercitati dal sistema educativo nelle due fasi, invitando a riflessioni strutturali sull’imprescindibilità di modelli organizzativi autenticamente cooperativi e democratici, incentrati sulla pienezza della relazione educativa. La concezione della vita tra pandemia e guerra: un focus group con gli adolescenti Francesco Bearzi,Laura Usai Nella cornice della sfida della sostenibilità, la pandemia e l’invasione dell’Ucraina trasformano in profondità la concezione della vita e l’immaginazione del futuro. Mediante due focus group, inizio aprile 2022, 14 e 10 partecipanti, età 17-18 anni, si è indagato l’effetto combinatorio e differenziale dell’esposizione ai due processi. Ne risulta il notevole livello di elaborazione del vissuto pandemico, interpretato in termini convergenti con quanto restituito da vari strumenti etnografici. Alle sofferte vicissitudini si tende ad attribuire un valore fortemente evolutivo, con particolare riferimento al lockdown iniziale. Dal più recente confronto con la guerra tende invece ad emergere un dominio esperienziale più complesso, sfuggente e subliminale. Pur confermandosi le generative dinamiche di profonda compartecipazione del vissuto degli adolescenti ucraini inizialmente sperimentate attraverso i social network, si evidenzia un progressivo distacco dal conflitto, da interpretarsi come efficace strategia difensiva funzionale al mantenimento di un ottimale equilibrio psichico e alla pienezza della presenza nell’hic et nunc. La guerra, pur continuando ad impegnare energie, soprattutto a livello inconscio, aleggia in una dimensione mediata e sospesa, rispondente alla natura di un’esperienza individuale e di gruppo per lo più indiretta. Secondo questi adolescenti, la pandemia ha magistralmente insegnato, la guerra semplicemente chiosato, la fragilità dell’esistenza e l’incertezza del futuro. Ciò induce a vivere pienamente ogni attimo, conoscendosi nel profondo e coltivando relazioni autentiche. Appare essenziale valorizzare una tale sempre più sentita filosofia in termini educativi, in sinergia con la consapevolezza dell’imprescindibilità della costruzione di futuri pacifici, equi e sostenibili, decisamente più radicata nella Generazione Z che nel resto della società. Quando la guerra si fa esperienza. Costruire la peace education con gli adolescenti Francesco Bearzi, Pier Paolo Tarsi, Come emerge da strumenti etnografici, sin dal momento dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa (24 febbraio 2022), il conflitto ha costituito per gli adolescenti italiani una dolorosa quanto trasformativa opportunità di peace education. La valorizzazione di un tale potenziale educativo richiede primariamente il confronto con la prospettiva dell’apprendimento esperienziale e della embodied cognition, incontrando i processi spontaneamente attivatisi nella semiosfera adolescenziale. L’agentività della re-immaginazione di «futuri equi, pacifici e sostenibili», nel contesto di un nuovo patto sociale intergenerazionale (ICFE, 2021), rischia però di subire un grave depotenziamento se gli adolescenti non recupereranno fiducia nelle capacità rigenerative dei processi politici operanti negli stessi ordinamenti liberaldemocratici; se, inoltre, i sistemi educativi non promuoveranno contesti organizzativi autenticamente cooperativi e democratici, in controtendenza con quanto sta avvenendo nel nostro Paese. Di seguito pubblichiamo titolo e autori dei contributi presentati per solo abstract: Mancanza di gentilezza nelle relazioni lavorative: effetti psicologici, neurologici e sociali Sabrina Bonino, Davide Filippi Benessere, società e virus Sabrina Bonino, Davide Filippi Ospedale Evangelico Internazionale (OEI) di Genova Marinella Fulgheri, Alessio Parodi, Barbara Oliveri Caviglia Influenza della pandemia sulla paura della morte e del morire degli studenti di infermieristica: studio cross-sectional Sergio Ardis, Virginia Giannini Pieroni, Valerio Martinucci, Veronica D'Elia, Michela Maielli, Dragos Constantin Gavriliu, Michelangelo Bacci, Patrizia Monaco La gratuità della gentilezza Valerio Spadone Motivazione – work engagement e psicologia positiva Giancarlo Martinelli La gentilezza nelle istituzioni e nei sistemi per la salute Erio Ziglio Due anni di pandemia rimarranno indelebilmente scritti nella nostra memoria come la guerra nella memoria dei nostri nonni. Abbiamo perso tanto in questo tempo a partire dalle tante persone care che ci hanno lasciato a causa del covid. La nostra libertà di movimento è stata limitata in tanti modi. Le relazioni sociali sono mutate. Abbiamo perso l’occasione di dare e ricevere sorrisi e tanto altro. Ma ora è tempo di pensare a quanto abbiamo guadagnato. Da qui la metafora del “punto accapo”. Fermiamo per un istante lo scorrere della nostra storia con un punto fermo e passiamo ad altro senza tornare indietro, senza nostalgia di ciò che è stato prima. Abbiamo bisogno di guardare avanti. Adesso. Il primo meeting nazionale del Gruppo Italiano Felicità e Salute Positiva si svolge interamente online in un modo nuovo che abbiamo appreso grazie alla pandemia. Al di là della retorica degli abbracci e dei contatti il GIF Salute Positiva offre ai propri iscritti un meeting innovativo che dura un anno intero con più incontro costituendo un laboratorio culturale fuori dagli schemi passati. Nel primo volume troviamo decine di contributi di vari autori, accomunati da un filo conduttore: la felicità oggi. Di seguito riportiamo il titolo, gli autori dei paper e l’abstract. Il contenuto dei paper è disponibile nella versione cartacea o elettronica del libro.
Evidenze e pregiudizi. Studio cross- sectional sulle conoscenze dei sanitari relativamente agli effetti del consumo di caffè Noemi Battaglioni, Moreno Marcucci, Michela Maielli, Sergio Ardis Sempre più indagini e studi riportano evidenze scientifiche a sostegno di un effetto non nocivo ed addirittura protettivo del consumo di caffè nei confronti di molti aspetti della salute, favorendo un suo inserimento all’interno di una dieta sana. Eppure, sono ancora molti i sanitari che spesso consigliano la sua totale eliminazione dagli stili di vita dei propri pazienti. Da qui la necessità di indagare se i professionisti sanitari, nello sconsigliare o meno il consumo di caffè, si basino su evidenze scientifiche o proprie credenze. Per fare ciò ci siamo avvalsi di un disegno di ricerca cross-sectional con raccolta dati effettuata tramite un’indagine online. Il questionario prevedeva una serie di affermazioni non sostenute da evidenze scientifiche sull’effetto del consumo di caffè, alle quali i partecipanti dovevano assegnare un valore da 0 “in totale disaccordo” a 10 “in totale accordo”. Hanno partecipato all’indagine 419 soggetti, provenienti da quasi tutta Italia e appartenenti a differenti professioni sanitarie. I gruppi degli infermieri e dei medici sono risultati i più numerosi, permettendoci di confrontare le due professioni. Nel confronto tra il gruppo degli infermieri e dei medici, si è evidenziato come i medici in media si basino di più sulle evidenze scientifiche rispetto agli infermieri. In conclusione, il nostro studio ha dimostrato quanto le false credenze circolanti riguardo al consumo di caffè influenzino ancora molto le persone e, nel nostro particolare caso i professionisti sanitari, i quali continuano a sconsigliare il suo inserimento all’interno di una dieta sana. Sarebbe opportuno verificare con metodi analoghi l’utilizzo dell’EBP in altri ambiti della professione. Il benessere soggettivo dei trapiantati di rene e l’influenza della resilienza, della gratitudine e della speranza: studio cross-sectional Irene Dell’Amico, Veronica D’Elia, Manuela Parrini, Michela Maielli, Sara Macchiarini, Giulia Guidi, Sergio Ardis Lo studio aveva l’obiettivo di indagare i pazienti trapiantati di rene con valutazioni di psicologia positiva. Durante l’analisi sono state misurate quattro dimensioni: gratitudine, benessere soggettivo, resilienza e speranza valutando la loro influenza in questa tipologia di pazienti. I dati sono stati raccolti tramite questionario cartaceo, compilato dai pazienti previo consenso scritto per la partecipazione allo studio. Il questionario era formato da una prima parte di anagrafica seguita dalle quattro scale di valutazione di psicologia positiva. In particolare, è stata utilizzata la Resilience Scale (RS) per la valutazione della resilienza nella versione validata in italiano, le tre scale di valutazione del benessere soggettivo raccomandate dall’OECD e validate in italiano, il Gratitude Questionnaire (GQ-6) per la valutazione della gratitudine nella versione in italiano e la versione italiana della Herth Hope Index (HHI) per la valutazione della speranza. Il campione di 55 pazienti era composto da 23 femmine (41,82%) e 32 maschi (58,18%). È stato evidenziato nel gruppo un alto livello di gratitudine con media di 30,09 punti (DS 5,53), con un minimo di 18 e un massimo di 42. Tramite le correlazioni tra quest’ultima e le altre componenti di benessere soggettivo è risultata correlata in maniera positiva e significativa a tutte tranne che ai negative affect, risultati correlati invece in maniera negativa. Lo studio evidenzia livelli di benessere soggettivo più alti della popolazione generale italiana. Il trapianto è un evento che oltre a restituire la qualità della vita aumenta il benessere soggettivo. Studi futuri sono necessari per confermare le nostre osservazioni. Effetti della danza-terapia su donne con cancro al seno. Valutazione del benessere soggettivo con uno studio pilota non controllato Daniela Querci, Moreno Marcucci, Michela Maielli, Stafania Tocchini, Marcello Pacitti, Sergio Ardis Lo studio si propone di valutare gli effetti di un training di danza-movimento terapia sul benessere soggettivo in pazienti con tumore alla mammella e sul possibile ruolo mediatore di resilienza e gratitudine all’inizio e al termine del percorso. L’obiettivo nasce dalla volontà di contribuire alla letteratura in ambito di salute positiva e di arricchire la gamma di interventi mirati ad aumentare il benessere di chi si trova ad affrontare una grave malattia come il cancro. Trattandosi del primo studio in questo ambito, un obiettivo secondario è la valutazione del protocollo adottato per le caratteristiche campione e il tipo di studio e il calcolo della numerosità campionaria. A un campione di 13 donne con cancro al seno sono stati proposti esercizi di respirazione, consapevolezza del proprio corpo, divertimento e creatività che stimolassero l’emotività e la fisicità delle pazienti. L’indagine è stata condotta secondo un disegno di trial pre-post, che ha richiesto la somministrazione di un questionario in forma cartacea all’inizio e alla fine del training, con scale di misurazione per la valutazione delle dimensioni psicologiche (benessere soggettivo, resilienza e gratitudine). Il confronto tra i risultati, all’inizio e al termine del percorso, ha mostrato che il training potrebbe essere responsabile dell’aumento della gratitudine nelle donne del campione. Tale aumento potrebbe esprimersi in un riorientamento positivo della vita e in uno stato emotivo caratterizzato da una positività generata dal senso di gratitudine: ciò sarebbe confermato dall’aumento significativo delle emozioni positive e della felicità attuale dopo il training. Nonostante i limiti individuati, lo studio ci permette di affermare che la danza, al pari di altre attività non prettamente incluse nella pratica medica, può essere uno strumento che si aggiunge al vasto armamentario disponibile per far crescere i livelli di benessere di chi deve affrontare un’importante patologia come il cancro. La gratitudine e la speranza degli studenti di infermieristica durante la pandemia: longitudinal ecological study Giulia Gemignani, Marina Virgallito, Veronica D’Elia, Roberto Buonincontro, Matteo Fantozzi, Michela Maielli1, Sergio Ardis Gli studenti di scienze infermieristiche hanno la peculiarità di dover completare un curriculum accademico improntato sulla pratica, per cui a tutte le sensazioni negative condivise con le altre persone si è aggiunta la preoccupazione e l’incertezza per il loro futuro accademico. Inoltre, l’allontanamento dalla realtà del tirocinio ha provocato la frustrazione per non poter essere utili in un momento così particolare. Il presente studio ha indagato i livelli di gratitudine e speranza negli studenti di infermieristica durante il primo ed il secondo lockdown, confrontando i due anni e valutando le correlazioni tra le dimensioni studiate e con v come età, sesso, anno di iscrizione, titolo di studio, regione di residenza, l’essere risultati positivi al covid e l’essere stato sottoposto a vaccinazione. Dall’analisi dei dati è emerso che i livelli di speranza del 2021 erano diminuiti rispetto al 2020, probabilmente a causa dell’incertezza per il futuro dei propri studi e per l’esperienza di un secondo lockdown. La gratitudine non ha subito significative variazioni. È emersa una correlazione positiva tra gratitudine e speranza e tra speranza ed età, in linea con altri studi già presenti in letteratura. La salute positiva della comunità dell’Oltreserchio Tommaso Galeazzi, Sergio Ardis Questo studio ha indagato le dimensioni di salute positiva nella comunità dell’Oltreserchio durante la pandemia da Sars-Cov2. L’Oltreserchio è un insieme di frazioni del comune di Lucca e comprende circa 8000 abitanti; geograficamente è situato a ovest della città di Lucca ed è confinante con i comuni di Pisa, Massarosa e Camaiore. In letteratura sono reperibili pochi studi riguardanti la salute positiva in una ristretta comunità di abitanti; perciò, da qui è nata l’idea del nostro studio cross-sectional con l’obiettivo di valutare le relazioni esistenti tra benessere soggettivo e le sue componenti, resilienza, gratitudine e speranza in questa piccola comunità di abitanti lucchesi durante l’epidemia da Sars-Cov2, che ha colpito tutti gli stati del nostro pianeta e in particolar modo l’Italia. Il campione era composto da 242 soggetti con un’età media di 40,8 anni (DS 15,3); la raccolta dati è stata eseguita attraverso l’utilizzo di un questionario comprendente 6 scale che indagavano la salute positiva del campione. L’età ha ottenuto una correlazione statisticamente significativa con la resilienza (p=0,002) e con i positive affect (p=0,000), mentre con le altre dimensioni di salute positiva non abbiamo ottenuto significatività statistica. Speranza, gratitudine e resilienza sono risultate correlate in modo statisticamente significativo (p=0,000) con le dimensioni di benessere soggettivo ad eccezione del confronto tra resilienza e negative affect il quale non ha prodotto una correlazione significativa. Studenti di infermieristica italiani sono meno felici nel secondo anno di pandemia: longitudinal ecological study Marina Virgallito, Giulia Gemignani, Matteo Fantozzi, Veronica D’Elia, Vanessa Angelini, Michela Maielli, Sergio Ardis Gli studenti italiani, durante la fase pandemica da covid-19, hanno dovuto affrontare sensazioni negative accomunate a tutto il resto della popolazione mondiale con la speranza che la situazione migliorasse e che si potesse tornare alla vita di sempre. L’impossibilità di non poter frequentare i tirocini inizialmente, e la paura di poter contrarre il virus da covid-19 durante la pratica formativa, possono aver influito negativamente sul benessere e sulla loro salute positiva. Non ci risultano studi italiani che abbiano misurato e valutato il benessere soggettivo degli studenti durante la pandemia. Per questo motivo è stato opportuno svolgere un’indagine per studiare il fenomeno su un campione di studenti italiani di infermieristica nel primo anno di pandemia. Per la realizzazione del database utilizzato per questa ricerca, sono stati realizzati due sondaggi che hanno coinvolto il target degli studenti infermieri italiani. Un primo sondaggio è stato effettuato il 29 marzo 2020 e si è concluso il 23 aprile 2020, quindi durante il primo lockdown. Il secondo sondaggio è stato effettuato un anno dopo ed è iniziato il 31 marzo 2021 e si è concluso il 3 giugno 2021. I risultati ottenuti mostrano il benessere soggettivo degli studenti stabile per molte variabili (benessere emotivo, positive affect, soddisfazione per la vita e soddisfazione per lo studio), i negative affect risultano aumentati e la felicità globale risulta addirittura diminuita. Il benessere soggettivo degli studenti è risultato basso rispetto la popolazione generale, infatti la rilevazione Istat della soddisfazione per la vita (Istat, 2021) ha mostrato un significativo aumento del punteggio ottenuto dagli italiani, passati da 7 nel 2019 a 7,2 nel 2020. Gli studenti di infermieristica italiani soffrono quindi una diseguaglianza in termini di benessere e quindi di salute. Protocollo di valutazione del corso di comunicazione “Le abilità di base della comunicazione tra medico e paziente in presenza e nella televisita” Sergio Ardis, Valentina Ungaretti, Dario Nieri, Irene Cavasini, Licia Matteucci, Veronica D’Elia, Valentina Gelmi, Alessandra Mazzoni, Gennaro Voccia, Tommaso Bellandi, Francesco Niccolai, Michela Maielli, Carlo Mazzatenta La USL Toscana Nordovest ha adottato il KCS come modello di formazione per la comunicazione tra paziente e sanitario. Per valutare l’efficacia del corso di comunicazione è stato disegnato uno studio controllato randomizzato sul corso destinato ai medici neoassunti nella USL. Al campione di medici sarà erogato un corso di formazione a distanza sulla visita in presenza e televisita basando la formazione sul KCS. Sia i soggetti inclusi nel campione che i controlli sosterranno due simulazioni e compileranno un questionario che comprende due scale di empatia (pre e post training). Le simulazioni saranno valutate con la KEECCA Versione Italiana adattata alla televisita. Architetture come macchine di felicità Simone Ottonello, Enrico Zunino Si ritiene che la felicità, tanto desiderata, possa essere creata o addirittura indotta. Ad esempio un atteggiamento positivo potrebbe risultare utile per ottenerla, così come il raggiungimento di alcuni obbiettivi o delle buone relazioni con gli altri. Ogni attività di questo tipo deve necessariamente svolgersi in un luogo, sia esso circondato di muri o dal mare e dal cielo, gli edifici o la natura. È ormai acclarato che le nostre emozioni dipendano dalle caratteristiche fisiche dei luoghi entro cui facciamo esperienza della nostra esistenza, così che modificando un luogo si possa modificare l’emozione. Creando un luogo bellissimo si può ottenere un’emozione bellissima. Pensando ad un momento di felicità non si può fare a meno di collocarlo in luogo e risulta davvero inconciliabile immaginare un momento felice collocato in un luogo disastrato maleodorante o pericoloso. Così una buona architettura, o addirittura una bella architettura, sia essa una stanza o una città o un paesaggio possono farci stare bene o addirittura renderci felici. Probabilmente ci regalassero il castello delle favole non potremmo che gioirne, così come sdraiarci in un giardino lussureggiante potrebbe donarci serenità se non anche qualcosa di più. Le dimensioni però non contano, potrebbero renderci felici il nido della nostra piccola casa, così come il profumo di un singolo fiore. E questo fiore deve essere profumato e possibilmente bello, e il piccolo appartamento deve essere accogliente e ben studiato. Gli architetti, come creatori di appartamenti, città o paesaggi, devono essere in grado di creare bellezza, perché è proprio essa la promessa di felicità, in quanto ci strappa dalla contingenza della vita per proiettarci verso le nostre migliori fantasie. Ma cos’è la bellezza? E cos’è la bellezza per ognuno di noi? EMDR (Eyes Movement Desensitization and Reprocessing): superare i traumi e migliorare le performance per una vita il più possibile felice Sabrina Bonino, Gabriele Paolino, Patrizia Fratini La visione dualistica cartesiana mente corpo porta a gravi errori: noi siamo il nostro corpo e la nostra mente in modo inscindibile. In quanto esseri umani apparteniamo ad una specie estremamente resiliente che è riuscita a tornare alla normalità dopo catastrofi varie. Le reazioni che possiamo avere di fronte a ciò che ci spaventa possono essere di attacco, fuga e congelamento, vivendo così in una sorta di eterno presente pericoloso. I traumi psichici possono essere rielaborati con la psicoterapia EMDR, utile anche per rafforzare le risorse e capacità degli individui. La psicologia positiva e la costruzione di una nuova normalità Lucia Dema La pandemia ha dimostrato come il benessere psicologico sia fondamentale nella cura della persona e la psicologia positiva (PP) può fornirci un sostegno. La PP è una scienza dell’esperienza soggettiva che si propone di studiare i fenomeni alla base delle emozioni positive dell’essere umano al fine di migliorare la qualità di vita delle persone (Seligman & Csikszentmihalyi, 2000) dei gruppi e delle istituzioni (Gable & Haidt, 2005). Cerca di promuovere il funzionamento ottimale delle esperienze soggettive (felicità, speranza), dei tratti positivi (perdono, saggezza) e delle virtù civiche (responsabilità, altruismo) (Linley e Joseph, 2004). Si concentra, infine, sulla prevenzione delle psicopatologie attraverso lo sviluppo dei tratti e delle qualità positive. Da qui deriva che gli eventi positivi non arrivano a causa di un fato generoso bensì dal lavoro costante di costruzione del proprio benessere. Spesso sono proprio la capacità di attuare determinati comportamenti, gli stili di coping e il senso di autoefficacia a determinare un successo. L’ottimista realistico, descritto da Seligman (2005) vive le situazioni negative come estemporanee, esclusive, esigue e personali. Viene anche introdotta l’esperienza di flusso che permette di sentirsi completamente assorbiti in un’esperienza sperimentando un piacere tale da poter fornire un punto di riferimento per la nostra vita.(Csikszentmihalyi e LeFevre, 1989). Oggi quindi sembra essere più funzionale, piuttosto che un atteggiamento di rimpianto verso una perduta normalità, l’accettazione e la costruzione di una nuova normalità in chiave positiva. Anche la comunicazione dei media potrebbe contribuire alla costruzione di processi di identità sociale, basate su un nuovo senso di appartenenza piuttosto che insistere su aspetti negativi che attivano reazioni di negazione ed evitamento. L’impatto della pandemia da covid 19 sui lavoratori. Una revisione narrativa Valerio Ciotti La malattia da covid 19 ha provocato una grave crisi sanitaria ed economica, con ripercussioni in grado di aggravare le condizioni lavorative. L’ansia di ammalarsi, il distanziamento sociale, la sospensione dell’attività produttiva, la paura di perdere il lavoro, il peso fisico dei dispositivi di protezione individuale e l’aumento del carico di lavoro influenzano il benessere fisico, mentale e la produttività dei lavoratori. Questa revisione ha lo scopo di individuare e descrivere gli impatti della pandemia da covid 19 sui lavoratori. È stata effettuata una ricerca bibliografica utilizzando i motori di ricerca “PubMed” e “Google Scholar”, selezionando e includendo gli studi completi gratuiti, che indagavano l’impatto sulla salute psicologica e fisica dei lavoratori. Gli studi hanno individuato tra gli operatori coinvolti in prima linea e nelle popolazioni a rischio, maggiore incidenza di problemi e riduzione della produttività. Risulta pertanto fondamentale l’adozione di alcuni interventi, come l’analisi psicologica e il supporto dei lavoratori a rischio, la riduzione del carico e degli orari di lavoro e l’implementazione di opportune scale di valutazione. La revisione ha inoltre analizzato i vantaggi e gli svantaggi del lavoro a distanza. Dalla ricerca è emerso l’elevato divario tra gli studi condotti sugli operatori sanitari rispetto alle altre tipologie di lavoratori; risultando indispensabili ulteriori studi scientifici a riguardo. La ricerca di una felicità “ecosistemica” nell’esperienza pandemica adolescenziale Francesco Bearzi Strumenti etnografici evidenziano numerosi e notevoli aspetti positivi dell’esperienza pandemica adolescenziale. In particolare, si delinea il ritratto di una generazione Z che, nel travaglio della pandemia, si riconosce più forte, mindful ed “ecosistemicamente consapevole”. Tali dati, rilevanti per la stessa sfida della sostenibilità, vanno valorizzati in una prospettiva transdisciplinare, sfruttandone le potenzialità per la ridefinizione del concetto di felicità e di quelli interconnessi di salute e di benessere. Solamente la convergenza dell’indagine scientifica operante, sulla scorta di differenti statuti epistemologici, in vari ambiti disciplinari (nel presente contributo: pedagogia, psicologia, sociologia, narratologia, linguistica strutturale, filosofia ermeneutica, economia), mediante la sinergia di strumenti di ricerca qualitativi e quantitativi, può consentire di ricostruire generativamente e rigorosamente tali concetti. L’economia del benessere Matteo Makowiecki Dagli inizi del Novecento fino alla pandemia di covid-19, il Prodotto Interno Lordo (PIL) è stato il principale indicatore del benessere economico e del progresso che i governi hanno usato per tenere traccia del loro sviluppo passato e per dirigere quello futuro. Nonostante questo indicatore fosse apertamente una misura della produzione economica e non del benessere, spesso l’aumento del PIL è stato considerato di fatto come un aumento nella qualità della vita. Negli ultimi anni però questa correlazione è stata sfatata dalla ricerca scientifica e nuovi indici, sia a integrazione del PIL sia sostituti, sono nati con lo scopo di misurare il benessere soggettivo dei cittadini e di confrontarlo tra Paesi e anni diversi. La recente pandemia che ha colpito tutto il mondo ci ha mostrato che, oggi più che mai, il benessere degli individui si sviluppa diversamente dall’economia nazionale, e che la ripresa dovrà passare per un aumento del benessere insieme a quello dell’economia. In questo studio vedremo quali indicatori misurano il benessere soggettivo e come questi sono stati influenzati dalla pandemia di covid-19. Lavoro e salute tra benessere e felicità verso nuove coniugazioni organizzative e di comunità per una governance condivisa Luciano Pilotti Il dibattito italiano sulle politiche industriali è alla ricerca di ragionevoli concretezze nelle riforme da “iniettare” nel PNRR come via di ricostruzione europea post-pandemica del Recovery Plan risorgono grandi questioni che legano transizione ambientalista e digitale a quella sociale. Tra queste, un fisco globale equo e il grande tema dell’orario di lavoro inestricabilmente connesso ad un welfare da riformare dato l’indebitamento dello Stato Piano dentro un quadro avanzato di CSR e una governance partecipata, condivisa e inclusiva. Sul tema dell’orario di lavoro in un recente report OCSE (2021), si chiariscono i rapporti tra orari di lavoro, produttività e benessere: i paesi con monte ore lavorato più basso sono anche quelli con produttività e PIL procapite più alto e livelli di diseguaglianza minori anche guardando al post-covid stress. Paesi con un welfare “generoso” e con un benessere più elevato e distribuito, consumi mediamente più alti connessi a produttività e salari crescenti, dove le persone hanno un tempo per la cura di sé e della famiglia, per sport e cultura, per formazione o volontariato. Leve di consumo, ma soprattutto di benessere (fisico, cognitivo e psicologico emotivo) che alimentano consapevolezza (mindfulness) e sense making, stimolando creatività e motivazioni positive al lavoro (e alla vita) connesse non tanto a fattori estrinseci (salario) ma intrinseci (o motivazionali). Fattori di crescita della produttività e dell’efficienza via modelli partecipativi e auto-organizzativi, nella responsabilizzazione delle persone sui risultati attraverso engagement e stimolando empowerment mobilitando le emozioni e valorizzandole. Superando in questo modo il Novecento come secolo del conflitto, dei beni materiali e di organizzazioni gerarchiche, per entrare definitivamente nel secolo della collaborazione per l’economia e società della conoscenza nella sostenibilità e responsabilità di organizzazioni “piatte e partecipate”. Lo sguardo immaginativo nella relazione di cura Sandra Pierpaoli Seguendo l’evoluzione delle dinamiche interpersonali all’interno di un setting analitico, possiamo comprendere meglio il ruolo centrale che assume lo sguardo in ogni relazione di cura: dalla concezione classica che considerava il terapeuta come uno schermo neutro, si è passati ad una visione intersoggettiva, in cui entrambi gli interlocutori sono esposti allo sguardo dell’altro. In questa nuova accezione, il tipo di sguardo adottato dal curante e dal paziente sono determinanti per il modo di affrontare il disagio e la malattia. Lo sguardo riproduttivo, monolitico e stigmatizzato, appartiene al corpo monadico e si è andato accentuando durante la crisi pandemica, come conseguenza del distanziamento sociale e del sovraffollamento di informazioni contrastanti. Lo sguardo immaginativo appartiene invece al corpo diadico e chiama in gioco la creatività; non si limita solo all’impiego della vista, ma richiede l’impegno globale della persona, a partire dall’attivazione multisensoriale, fino a comprendere il gioco proiettivo, il gioco drammatico e l’uso della metafora. L’impiego integrato dei linguaggi artistici, coniugato con tecniche psicocorporee, viene utilizzato nella Drammaterapia Integrata, per sollecitare il mondo immaginale e dare vita a percorsi metaforici, mediante il colore, la forma, il suono, il gesto, la parola, la drammatizzazione. In tal modo si può aiutare sia il paziente che il curante a modificare il proprio paesaggio interiore. L’esperienza estetica, infatti ,contribuisce a generare il cambiamento, trasformando il modo di vedere e di rapportarsi all’altro. Per poter essere applicato a un contesto di cura, lo sguardo immaginativo dovrebbe essere educato e coltivato in entrambi gli attori che concorrono alla costruzione della relazione, per permettere al paziente di trasformare il modo di percepire e di affrontare la malattia e al curante di affiancare all’oggettività delle evidenze, la valorizzazione delle risorse. Narrare con le immagini. Immaginando cartografie estetiche Giancarlo Chirico L’uomo è naturalmente aperto al mondo, all’altro e al futuro. Eppure, lo scorso marzo, questa nostra relazionalità si è improvvisamente interrotta, lasciandoci attoniti e sgomenti. La pandemia ha generato un forte scollamento tra le parole che eravamo abituati ad usare e i nuovi, sconosciuti contesti narrativi in cui ci trovavamo a usarle: parole come volto, carezze, distanza, noia, immagine, abbraccio, perdita, sconfitta, felicità, l’altro, portavano con sé significati imprevedibili fino a poco tempo prima. Come provare a elaborare questa drammatica esperienza, riannodando i fili tra noi e le storie che siamo? Quando la parola è bloccata, possiamo ricorrere alle immagini quali potenti attivatori di storie ed elaborazioni, per provare a cercare un nuovo allineamento tra sentimenti, bisogni ed espressioni, per agire la bellezza e non limitarsi a pensarla. Solo attraverso l’immaginazione creativa e l’elaborazione estetica possiamo immaginare nuove mappe e disegnare rotte lungo le quali continuare a cercare il senso di tutto, anche quando la parola non riesce e la violenza della storia sembra surclassarci. Dal trauma cranico alla rinascita: Alessandro e la forza di ricostruire la bellezza della vita Roberto Antenucci, Elena Braghieri, Rossella Raggi, Mauro Leonardo D’Avolio Questa è la storia di Alessandro, giovane con esiti di grave trauma cranico. È una storia di rinascita, ricca di avvenimenti e di tante persone che hanno accompagnato il suo difficile cammino verso il ritorno alla vita. Tra paure e sconforto, ma anche gioia e serenità. E soprattutto con tanta speranza e con la bellezza di una famiglia sempre presente, motivata, stimolante e attenta ad ogni conquista del figlio. Perché raccontare questa storia? Per la giovane età: a 18 anni una vita “spezzata” secondo i canoni comuni della “normalità”; un ragazzo tranquillo, senza vizi, senza una vita “oltre il limite”; un travaglio inevitabile dei familiari non ancora del tutto elaborato (e forse mai lo sarà). E ancora la loro ostinata determinazione, tutt’ora presente, nel ricercare “il meglio possibile” per Alessandro consci comunque del fatto che “non sarà più come prima” E poi per un legame particolare che si è formato durante e dopo la degenza riabilitativa con Alessandro e la sua famiglia: tutt’ora seguiamo il suo programma di reinserimento nella vita cosiddetta “normale” rappresentando ancora per loro, e ciò per un operatore sanitario è fonte di gratificazione, un punto di riferimento. E c’è ancora tanto da fare... Scrivere per comprendere. Il premio letterario giuro che non dimentico Pieralba Chiarlone, Anselmo Madeddu La pandemia ha definitivamente dimostrato che gli operatori sanitari sono la spina dorsale del sistema sanitario: milioni di loro hanno rischiato la salute svolgendo il proprio lavoro quotidiano e molti hanno pagato prezzi altissimi anche dal punto di vista emotivo e psicologico. Ciò che stiamo vivendo in questi ultimi due anni ha evidenziato drammaticamente quanto sia fondamentale prendersi cura di chi cura ed offrire agli operatori sanitari occasioni di riflessione e di elaborazione della propria esperienza. Con questo intento l’Ordine dei medici di Siracusa ha indetto un premio letterario “Giuro che non dimentico” rivolto a tutti i medici che, attraverso la scrittura, hanno voluto dare testimonianza, riflettere e trarre insegnamento da quanto sta tuttora accadendo in modo che questa esperienza, professionale e personale, non passi invano. Il premio “Giuro che non dimentico” enfatizza l’aspetto della scrittura condivisa, ovvero quella dimensione di connessione con la comunità professionale cui i medici scrittori appartengono. La polifonia di voci che emerge dagli scritti consente di cercare e costruire insieme il senso di quanto narrato. La scrittura condivisa potenzia l’aspetto riabilitativo della scrittura: la condivisione con altri crea l’opportunità per chi scrive di elaborare lo stupore del male incarnato e poi sconfitto, per esorcizzare la minaccia del “risorgere del mostro”, e per evitare il permanere di situazioni irrisolte, loop mentali che intrappolano il pensiero senza tregua. I medici scrittori attraverso le loro narrazioni ci consentono di apprendere da punti di vista diversi ciò che tutti quanti abbiamo vissuto e stiamo tuttora attraversando, soprattutto, di valorizzare gli aspetti trasformativi di questa esperienza. Prevenzione e management delle addiction da videogiochi dalla seconda infanzia alla preadolescenza. Uno studio osservazionale Giulia Maravalle, Tiziana Traini, Elena Spina Le tecnologie e i dispositivi associati hanno un potere fortemente attrattivo. Ne sono dimostrazione i videogiochi, di cui le indagini condotte in Italia identificano una fruizione significativa da parte di tutte le fasce di età, compreso bambini e adolescenti. La possibilità di dipendenza da videogiochi è stata riconosciuta nella sfera dell’Internet Gaming Disorder (WHO, 2018) ed è correlata a fattori sia individuali che ambientali (Griffiths, 2009). L’attenzione della presente survey è posta ai fattori di rischio nei bambini tra gli 8 e 10 anni e nei ragazzi tra gli 11 e 14 anni. Si considerano il tempo di utilizzo dei videogiochi e l’influenza di un ambiente di vita poco stimolante sul gioco individualizzato e al chiuso. Il campione è suddiviso in due cluster in base alle fasce di età ed è composto da 353 soggetti reclutati in una scuola elementare e secondaria di primo grado. Il quartiere di riferimento è quello di Monticelli (Ascoli Piceno) incluso come possibile fattore favorente l’uso dei videogiochi e la tendenza all’isolamento, in quanto limitato nell’offerta di occasioni di svago all’aperto. Bambini e ragazzi mostrano un considerevole gradimento per i videogiochi, specialmente i maschi delle fasce di età prese in esame. Rimane l’interesse per i giochi di squadra all’aperto da parte dei bambini. Probabilmente più i ragazzi crescono e più diminuisce il coinvolgimento ludico tradizionale. Le rilevazioni complessive non indicano fattori di rischio preoccupanti per il contesto esaminato, ma necessitano di monitoraggio e prevenzione al fine di evitare lo sviluppo di addiction. La felicità dell’adozione internazionale. Il ruolo del servizio sociale Fabiana Padula, Raffaele Ponticelli In Italia molte coppie decidono di propendere verso l’adozione internazionale per ricercare la felicità familiare e, soprattutto, per dare la possibilità a un minore, di tornare ad essere felice. Nel seguente lavoro, attraverso riferimenti normativi e teorici, si intende approfondire l'iter adottivo internazionale in ogni sua singola fase. Approfondimento che parte proprio dalla normativa, sino ad arrivare ai compiti ed alle teorie tecniche e pratiche messe in atto degli operatori dei servizi sociali territoriali e sanitari, con la supervisione del tribunale per i minorenni. L’infermiere e la promozione della salute a scuola: indagine sugli stili di vita Tommaso Galeazzi, Catia Anelli La promozione della salute è il processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla (WHO, 1986). Questa definizione include anche percorsi finalizzati a modificare le condizioni sociali, ambientali ed economiche, in modo da attenuare il loro impatto sulla salute del singolo e della collettività. La promozione della salute rappresenta inoltre l’insieme delle attività intraprese per migliorare e salvaguardare la salute di tutti nella comunità e richiede, pertanto, la partecipazione di diversi attori e istituzioni, a partire dalla scuola quale setting specifico. È stato arruolato un campione di studenti delle scuole secondarie di secondo grado, a cui è stato somministrato un primo questionario sui principali temi che riguardano la saluta. Dopodiché è stato fatto un intervento di informazione e promozione delle principali evidenze scientifiche dei temi trattati nel questionario, ed infine è stata eseguita una seconda somministrazione del questionario. Infine è stata eseguita una Valutazione dei risultati ottenuti. Il campione ha dimostrato scarse conoscenze negli argomenti alimentazione e blsd, medie conoscenze negli argomenti attività fisica, malattie sessualmente trasmesse e fumo, infine buone conoscenze nell’argomento alcol. Dopo i programmi di interventi condotti si nota un sostanziale miglioramento delle conoscenze degli argomenti trattati. Questo studio aumenta notevolmente la comprensione di programmi rivolti alla promozione della salute, evidenze scientifiche e stili di vita sani condotti da infermieri nelle scuole. Di seguito pubblichiamo titolo e autori dei contributi presentati per solo abstract: Prospettive di salute pubblica per il Ventunesimo secolo Erio Ziglio Fibromialgia e resilienza: un’evidente diseguaglianza nei livelli di salute positiva Michelangelo Bacci, Sergio Ardis, Marcello Pacitti, Giulia Gemignani, Matteo Makowiecki, Matteo Fantozzi, Valerio Ciotti, Lucia Dema, Nicola D’Anza, Valentina Ungaretti Cosa influenza realmente la salute e il benessere? Sabrina Bonino, Gabriele Paolino, Patrizia Fratini Il linguaggio della lontananza forzata. La parola di cura ai tempi di Covid-19 Rosaria Pandolfi, Pasquale Fallace Promozione della salute e potenziamento delle competenze comunicative e relazionali degli operatori sanitari Pasquale Fallace, Rosaria Pandolfi Finestra Rosa – Ospedale Evangelico Internazionale di Genova (OEI): accoglienza e sostegno alla vittima ad indirizzo alla via di uscita al fenomeno violenza, maltrattamento, abuso in pandemia Marinella Fulgheri, Alessio Parodi, Barbara Oliveri Caviglia Progetto di medicina narrativa e scrittura autobiografica al Museo di Arte Moderna L. Bailo e Pinacoteca Santa Caterina di Treviso Sabina Ferro La medicina narrativa per contrastare l’obesità in età evolutiva Rita Tanas, Vita Cupertino, Cinzia De Rossi, Sergio Bernasconi, Giovanni Corsello Attraversando la pandemia in formazione: il benessere e la cura con la medicina narrativa Danila Zuffetti, Sabina Ferro, Marisa Del Ben, Alessandra Schieppati Tradizione e modernità del dibattito intorno alla dimensione giuridica dei concetti di felicità e salute Nicola D’Anza 17. Infermieristica e infezione da SARS-CoV-2, a cura di Sergio Ardis, Giulia Guidi, Michela Maielli2/25/2021
La pandemia è stata affrontata grazie alle competenze che i sanitari già possedevano e che hanno consentito di improvvisare e costruire nuovi modi di curare. Così è stato affrontato un nuovo virus di cui non sapevamo niente. Adesso è il momento di iniziare a descrivere ciò che è necessario per curare in base alle nuove conoscenze che abbiamo e all’esperienza fatta. Questo libro parla dell’assistenza infermieristica ai pazienti malati di Covid nei vari setting, ospedaliero, territoriale e nelle RSA. Una parte del libro tratta della salute positiva dei sanitari misurata durante il lockdown, per capire come la pandemia può minacciare la salute o rappresentare un’opportunità in base alle risorse individuali. La relazione con i pazienti in questo periodo è cambiata e in questo libro non si poteva non trattare delle nuove modalità comunicative che la pandemia ha imposto. L’ultima parte del libro è dedicata alla prevenzione delle infezioni in ospedale. Avremmo dovuto poter leggere questo libro un anno fa. A partire da ora potrà essere utile a infermieri e studenti che si avvicinano alla professione. IndiceIntroduzione L’assistenza infermieristica e il Covid L’assistenza infermieristica territoriale L’assistenza al paziente Covid-19 in corsia L’assistenza infermieristica nel setting intensivo Fluidoterapia nel paziente con grave insufficienza respiratoria da Covid-19 L’assistenza infermieristica all’anziano in RSA Trasporto del paziente positivo al Sars-CoV-2: revisione della letteratura scientifica La salute positiva e gli infermieri durante la pandemia Soddisfazione per il lavoro e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il primo lockdown L’empatia degli studenti di infermieristica durante la pandemia Chi è empatico non sorride più degli altri: studio cross-sectional durante il lockdown La resilienza dei sanitari nella prima ondata epidemica La resilienza dei futuri infermieri durante il lockdown Speranza e gratitudine negli studenti italiani di infermieristica al tempo del coronavirus Nuove sfide comunicative e relazionali in sanità La comunicazione nella televisita La comunicazione infermieristica con il paziente in NIV: evidenze ed esperienze La narrativa infermieristica: uno strumento di cura nell’epoca del COVID La narrazione come cura dell’operatore e per l’operatore Prevenire le infezioni Trasmissione delle infezioni nelle pratiche assistenziali e strategie di prevenzione Il sistema immunitario comportamentale: come funziona il nostro cervello nella difesa dalle infezioni durante la pandemia AbstractL’assistenza infermieristica territoriale
Benedetta Giampietri A distanza di 200 anni dalla nascita della fondatrice del nursing moderno Florence Nightingale, colei che ha dato vita ad un approccio scientifico al nursing (Festini, 2012), il 2020, proclamato l’anno dell’infermiere e dell’ostetrica dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Editorial, 2020), sarà ricordato da tutta la popolazione mondiale come l’anno della pandemia da Coronavirus 2019. La pandemia della malattia da Covid-19 ha gravemente colpito il sistema sanitario italiano e l’ambiente sociale ed economico (Gilad, 2020). Al fine di prevenire un sovraffollamento dei reparti e il collasso del sistema sanitario è stato necessario incrementare l’attività territoriale e garantire una continuità assistenziale per i pazienti positivi al Covid-19. In Italia, per creare un “ospedale senza mura” (Hawkes, 2013), sono state istituite le unità speciali di continuità assistenziale (Usca). Le Usca sono dei nuclei operativi, attivi sette giorni su sette dalle 8.00 alle ore 20.00, formati da medici ed infermieri incaricati di monitorare i pazienti positivi, sia attraverso chiamate giornaliere che visite a domicilio. L’infermiere riveste un ruolo strategico nell’evitare interruzioni di continuità tra i diversi momenti della cura, sia nel processo assistenziale sia nell’integrazione tra i diversi livelli d’intervento ed i diversi servizi coinvolti (Obbia, 2018). L’infermiere dell’Usca si rivolge nello specifico a pazienti affetti da Covid-19. Con i dispositivi di protezione individuale, entra nelle case dei pazienti quarantenati o in isolamento ed effettua tamponi nasofaringei, prelievi ematici, procedure specifiche relative ad altre patologie, misurazione dei parametri vitali ed assiste l’individuo e il suo nucleo familiare. Collabora con il medico dell’Usca nella presa in carico dei pazienti, promuove la cultura della salute e progetta specifici interventi educativi e informativi mirati a far apprendere le nozioni base dell’igiene, sia al singolo che alla comunità. L’assistenza al paziente Covid-19 in corsia Anna Abbate, Davide Capponi Il 2020 è stato l’anno colpito da una pandemia che ha stravolto i sistemi sanitari di tutto il mondo e il modo di vivere delle persone. Le politiche di tutti i paesi colpiti hanno dovuto fronteggiare difficoltà sia in termini di salute delle persone che di ricaduta in ambito sociale ed economico. I professionisti sanitari, dai medici, infermieri, operatori di supporto fino al personale tecnico si sono interfacciati con malati spesso molto complessi. Oltre alle difficoltà respiratorie, tipiche della malattia e alle complicanze legate alla ventilazione, alla nutrizione o alla mobilizzazione, il personale sanitario ha assistito i propri malati cercando di portare conforto nella solitudine della persona ricoverata. La comunicazione con il malato è diventata centrale come mai prima. Tutti gli operatori, indossando dispositivi di protezione individuale che proteggono tutto il corpo, possono comunicare solamente attraverso lo sguardo e la voce. Una delle difficoltà più grandi che il Covid-19 ha messo di fronte gli operatori sanitari è combattere la paura e l’insicurezza che affliggono i malati ricoverati, impossibilitati a vedere la propria famiglia, mentre cercano di vincere contro un’infezione ancora sconosciuta. L’assistenza infermieristica nel setting intensivo Veronica D’Elia La SARS-CoV-2 ha generato un profondo cambiamento nelle persone soprattutto all’interno dell’ambito sanitario. Si sono susseguite modifiche organizzative, gestionali, cliniche ed etiche (Romanò, 2020). Quindi riorganizzazione dei reparti, ridistribuzione delle risorse, creazione di nuovi protocolli ed erogazione di programmi di training specifici. Il virus ha rappresentato e continua ad essere ancora oggi un rischio per gli operatori sanitari che hanno ormai imparato a lavorare utilizzando dispositivi di protezione individuale che raramente avevano utilizzato prima. Dispositivi che utilizzano durante tutto il turno di lavoro: nella gestione ordinaria del paziente, nell’urgenza e nell’emergenza, nel trasporto della persona nei locali in cui si effettuano determinati esami strumentali o nell’accompagnamento verso una struttura più idonea. Oltre a ciò, si trovano a fronteggiare il timore di ammalarsi o di contagiare i propri cari, la consapevolezza di dover assistere a molti decessi in pochi giorni e il senso di impotenza che ne deriva. Sensazioni tipiche degli infermieri di terapia intensiva che possono portare alla compassion fatigue o al burnout (Alharbi, 2020; Azoulay, 2020). Dall’altro lato gli operatori sanitari di terapia intensiva sono abituati a lavorare in team e a sostenersi a vicenda anche nei momenti più difficili. È proprio questa sinergia che permette di cercare di fornire la migliore assistenza e il miglior outcome possibile. Fluidoterapia nel paziente con grave insufficienza respiratoria da Covid-19 Valerio Ciotti, Tiziana Traini, Silvia Pierantozzi, Tiziana Principi Obiettivo: in terapia intensiva la gestione del malato affetto da insufficienza respiratoria acuta e dalla sindrome da distress respiratorio acuto da infezione SARS CoV-2 richiede, tra l’altro, la corretta gestione della terapia fluida e l’attento monitoraggio del bilancio idrico quotidiano. Infatti, ai pazienti in condizioni critiche vengono somministrati frequentemente grandi volumi di liquidi, con il conseguente rischio di compromettere l’apporto di ossigeno a livello cellulare. L’obiettivo dello studio è quello di verificare i vantaggi dell’appropriata gestione della fluidoterapia e il conseguente miglioramento della funzione respiratoria. Metodi: sono state esaminate le documentazioni cliniche informatizzate dei pazienti ricoverati con diagnosi di insufficienza respiratoria acuta causata dalla polmonite Covid-19, con lo scopo di analizzare la correlazione tra i valori dei bilanci idrici ed i peggiori rapporti P/F giornalieri di ciascun paziente. Risultati: attraverso l’elaborazione ed analisi dei dati per singoli pazienti, è stato possibile rilevare come la funzione respiratoria sia influenzata dai diversi bilanci idrici. A seguito di valori negativi, l’andamento della funzione respiratoria tende a migliorare. Conclusione: i risultati ottenuti trovano riscontro con i dati presenti in letteratura riguardo al trattamento dei fluidi nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta che rispondono ai criteri di Berlino. Pertanto, nella gestione e nel trattamento della persona con grave insufficienza respiratoria acuta causata dalla polmonite Covid-19, è preferibile orientarsi verso un apporto ridotto di fluidi rispetto ad una strategia liberale. L’assistenza infermieristica all’anziano in RSA Irene Dell’Amico All’inizio del dicembre 2019 si sono verificate nella provincia dell’Hubei, in Cina, una serie di polmoniti di origini sconosciuta. Dopo numerosi studi, è stata identificata una sindrome respiratoria acuta da Sars-Cov-2 soprannominata in seguito Covid-19 (Yuen, 2020). L’infezione si manifesta con vari sintomi di gravità differente, tra i più comuni si ritrovano: febbre, tosse secca e insufficienza respiratoria ma anche cefalea, dolori muscolari, disturbi gastrointestinali quali nausea, emesi e diarrea, ageusia e anosmia (Lovato, 2020). La pandemia ha messo a dura prova il sistema sanitario nazionale e il lavoro dei sanitari all’interno degli ospedali e sul territorio. Le residenze sanitarie assistenziali, o RSA, sono risultate luoghi particolarmente a rischio a causa dell’età avanzata dei residenti e delle comorbilità ma anche a causa delle problematiche di ricerca e isolamento dei casi al loro interno favorendo una diffusione veloce e incontrollata del virus (Davidson, 2020; McGilton, 2020). L’infermiere all’interno delle RSA ha dovuto adattare il proprio lavoro con l’evolversi della pandemia. Si è occupato di proteggere i propri ospiti, cercando di mantenere insieme agli altri operatori presenti in struttura un clima il più possibile sereno nonostante il lockdown e le paure. Ha aggiunto alle sue attività di assistenza infermieristica le attività di screening effettuando test sierologici rapidi e tamponi nasofaringei in stretta collaborazione con il dipartimento di prevenzione, le U.S.C.A. e i medici di medicina generale. Dato che si tratta di una malattia di nuova insorgenza e dagli esiti spesso infausti soprattutto nelle persone anziane e facilmente mutabili nel tempo, l’assistenza infermieristica all’interno delle RSA è stata costantemente adattata e rimodulata seguendo i protocolli della USL di competenza e le ordinanze regionali e ministeriali. Trasporto del paziente positivo al Sars-CoV-2: revisione della letteratura scientifica Tommaso Galeazzi Il Sars-CoV-2 è un virus respiratorio appartenente alla grande famiglia dei coronavirus (CoV); questi possono rendersi responsabili di diverse patologie di entità variabile: dal comune raffreddore a sindromi respiratorie più serie come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle east respiratory syndrome) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute respiratory syndrome). Questo studio è stato intrapreso per osservare le modalità di trasporto in mezzi di soccorso e non dei pazienti positivi al Sars-CoV-2 attraverso una revisione della letteratura scientifica sul database PubMed. I risultati della revisione evidenziano l’importanza della messa in sicurezza sia degli ambienti di lavoro, in questo caso mezzi di soccorso o di trasporto, sia del vestiario lavorativo. Anche le ambulanze devono avere dei requisiti minimi per garantire la sicurezza degli operatori che operano per il trasporto e il trasferimento di pazienti positivi al Sars-CoV-2. La disinfezione riveste un ruolo cruciale nel trasporto di un paziente positivo al Sars-CoV-2 in quanto consente, attraverso l’utilizzo di prodotti come l’ipoclorito di sodio o l’etanolo, l’eliminazione del virus sulle superfici. Soddisfazione per il lavoro e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il primo lockdown Matteo Makowiecki, Chiara Medici, Noemi Battaglioni, Chiara Bengala, Valentina Ungaretti, Leonardo Urbani, Matteo Cecchi, Marta Arzilli, Michela Maielli e Sergio Ardis L’Italia è stato uno dei paesi più colpiti dal SARS-CoV-2 e durante l’epidemia il sistema sanitario ha subito un elevato stress. Il lockdown imposto alla popolazione ha bloccato l’economia italiana e ha dato inizio a una crisi che avrà impatto sul sistema sanitario e sull’economia del paese. Questo studio confronta livelli di benessere soggettivo dei professionisti sanitari prima e durante il periodo più critico di lockdown, quando l’Italia è stata il primo paese del mondo per numero di infezioni. Il benessere soggettivo è stato misurato attraverso il benessere emotivo, la soddisfazione per il lavoro, la felicità globale e la soddisfazione per la vita. Ciascuna misura è stata confrontata prima e dopo l’epidemia così come tra i sottogruppi di intervistati. È stata data una particolare attenzione alle disuguaglianze di livello professionale, genere e livello di istruzione oltre che al loro effetto sul benessere soggettivo. Lo studio ha rilevato che mentre il benessere emotivo ha avuto una leggera diminuzione, le altre misure sono rimaste invariate e la soddisfazione per il lavoro è aumentata durante il periodo di lockdown. Le attuali differenze di benessere basate sulle disuguaglianze di livello professionale ed educativo sono state eliminate una volta che i professionisti stavano combattendo l’epidemia di SARS-CoV-2. La diminuzione delle disuguaglianze e l’aumento della soddisfazione per il lavoro possono essere fortemente correlate a una nuova fiducia nei professionisti sanitari, a un’alta gratitudine dalla popolazione e un sentimento di realizzazione e significato come descrive il modello PERMA. I risultati di questo studio dovrebbero aiutare le organizzazioni sanitarie a mantenere le disuguaglianze basse e le altre organizzazioni ad applicare tali apprendimenti nella loro struttura. L’empatia degli studenti di infermieristica durante la pandemia Leonardo Urbani, Giulia Guidi, Valentina Ungaretti, Luca Riccioli e Michela Maielli, Sergio Ardis In questo studio è stato esaminato un campione di studenti italiani di scienze infermieristiche, focalizzando l’attenzione sui loro livelli di empatia, misurati tramite due scale, il Toronto Empathy Questionaire e la Balanced Emotional Empathy Scale. Non è stato osservato un calo di empatia tra gli studenti dei tre anni di corso, come viene descritto in letteratura, ma confrontando i dati di questo studio con quelli di un recente studio italiano (Scipioni, 2019), è emersa una differenza statisticamente significativa tra i livelli di empatia degli studenti dei primi due anni ma non tra quelli del terzo. Il lockdown potrebbe aver provocato un calo di empatia soprattutto negli studenti dei primi due anni. Questi dati potrebbero essere una base di partenza per approfondire il fenomeno ed eventualmente osservare se gli effetti si protraggano nel tempo, sia per i futuri studenti sia per quelli odierni che progrediranno nel loro percorso fino all’ingresso nel sistema sanitario italiano. Chi è empatico non sorride più degli altri: studio cross-sectional durante il lockdown Luca Riccioli, Giulia Guidi, Valentina Ungaretti, Leonardo Urbani, Veronica D’Elia, Michela Maielli, Sergio Ardis Lo scopo del presente studio era di esplorare l’eventuale correlazione tra frequenza dei sorrisi ed empatia nei sanitari. Lo studio è stato condotto con una survey nazionale durante il mese in cui l’Italia ha fermato le attività per controllare la prima ondata pandemica. Il campione studiato era composto da 614 sanitari reclutati sul territorio nazionale. Ai partecipanti sono state somministrate due scale di empatia e una scala per la misurazione del benessere emotivo. La frequenza dei sorrisi è stata dedotta da un item di una scala per la misurazione del benessere emotivo. Nel campione studiato la maggiore frequenza dei sorrisi non è risultata associata a maggiori livelli di empatia. La resilienza dei sanitari nella prima ondata epidemica Chiara Medici, Marta Arzilli, Veronica D’Elia, Irene Dell’Amico, Sara Macchiarini, Giulia Guidi, Michela Maielli, Sergio Ardis L’Italia è stata una delle nazioni più profondamente colpite dalla pandemia da SARS-CoV-2 e conseguentemente a marzo 2020 è stato necessario istituire un lockdown generale. Il Sistema Sanitario Nazionale e tutti i professionisti sanitari sono stati messi a dura prova e sotto un notevole stress. La resilienza è un fattore protettivo per lo stress. L’obiettivo di questo studio era misurare i valori del costrutto resilienza e le correlazioni con le dimensioni del benessere soggettivo nei sanitari italiani. L’indagine è stata eseguita dal 28 marzo al 27 aprile 2020 nell’imminenza della fine del lockdown. La popolazione studiata era costituita da 614 sanitari distribuiti su tutto il territorio nazionale; 162 di questi erano maschi mentre 452 erano femmine. Le scale utilizzate per la realizzazione del questionario erano la scala che misura il benessere emotivo (BE) che comprende la misura dei positive affect (PA) e dei negative affect (NA), la scala che misura la felicità globale (FG), la soddisfazione per la vita (SpV), la soddisfazione per il lavoro (SpL) ed infine quella che misura la resilienza (R). Lo studio ha dimostrato l’associazione tra resilienza e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il lockdown. Al tempo stesso è emersa una disuguaglianza nei punteggi di resilienza tra chi possiede una laurea di tre, cinque o più anni e chi possiede un diploma di scuola media inferiore o superiore. La resilienza nel nostro studio è risultata correlata a tutte le dimensioni positive di benessere dei sanitari e le dimensioni “senso della vita” e “consapevolezza di sé” sono risultate elementi chiave di questo effetto. La resilienza dei futuri infermieri durante il lockdown Marta Arzilli, Chiara Medici, Veronica D’Elia, Irene Dell’Amico, Sara Macchiarini, Giulia Guidi, Michela Maielli,Sergio Ardis Il momento critico determinato dal lockdown potrebbe aver avuto un impatto consistente sugli studenti infermieri. La resilienza è un fattore di protezione individuale per superare senza danno tali eventi avversi. Il presente studio ha misurato la resilienza durante il lockdown ed ha valutato le correlazioni del costrutto multidimensionale con le dimensioni di benessere soggettivo. L’analisi delle varie dimensioni di resilienza ha permesso di individuare nella popolazione studiata la maggiore rilevanza per le dimensioni “senso della vita” e “consapevolezza di sé”. Speranza e gratitudine negli studenti italiani di infermieristica al tempo del coronavirus Matteo Cecchi, Matteo Makowiecki, Emanuele Antonio Corvino, Michela Maielli, Veronica D’Elia, Sergio Ardis Gli studenti infermieri hanno la peculiarità di dover completare un curriculum accademico fortemente improntato sulla pratica. L’impossibilità di frequentare tirocini pratici durante il primo lockdown ha pesato molto sulla psiche e per numerosi studenti si è unita al senso di frustrazione per non poter essere utili in ospedale nel momento in cui ce n’era più bisogno. Il lockdown ha quindi esposto gli studenti infermieri ad un rischio di perdita di benessere soggettivo. Questo studio ha misurato i livelli di gratitudine e di speranza come possibili fattori positivi in grado di aumentare i livelli di benessere soggettivo degli studenti infermieri durante il lockdown. Lo studio ha rilevato che speranza e gratitudine sono positivamente correlate al benessere soggettivo degli studenti infermieri italiani. In particolare, è ragionevole supporre che speranza e gratitudine abbiano impedito o attenuato la perdita di benessere soggettivo in alcuni studenti durante il lockdown. È emerso inoltre che le studentesse hanno livelli maggiori di gratitudine rispetto alla loro controparte maschile, risultato in linea con altri già presenti in letteratura scientifica. I dati raccolti da questo studio possono rappresentare quindi un database in progress per il monitoraggio delle dimensioni citate in un prossimo futuro e in un futuro in cui questa pandemia sarà ormai un ricordo. Trasmissione delle infezioni nelle pratiche assistenziali e strategie di prevenzione Moreno Marcucci Per descrivere e analizzare nel dettaglio la serie di processi che portano alla trasmissione delle infezioni da un organismo vivente a un altro, viene solitamente utilizzata la metafora della catena, “mezzo di collegamento e di unione fatto di più anelli di ferro o d’altro metallo passati l’uno dentro l’altro, che serve per tener saldamente legate cose, animali, persone…” (Vocabolario Treccani). Una serie distinta di elementi, azioni e condizioni rappresentano gli anelli di una catena necessari al passaggio di un microrganismo patogeno tra un individuo che già ne è portatore a uno o più individui fino a quel momento indenni. In questo capitolo prenderemo in esame i possibili modi con cui “spezzare” i vari anelli della catena di trasmissione al fine di combattere le infezioni. A titolo esemplificativo ricorderemo anche malattie ed agenti infettivi non propriamente tipici delle infezioni correlate all’assistenza ma la cui citazione può essere un utile pro memoria per il bagaglio delle conoscenze professionali. Il sistema immunitario comportamentale: come funziona il nostro cervello nella difesa dalle infezioni durante la pandemia Sergio Ardis, Michelangelo Bacci, Moreno Marcucci In questo capitolo finale del libro analizzeremo il sistema immunitario comportamentale che è un “pacchetto” di meccanismi psicologici in grado di individuare la presenza di agenti patogeni infettivi nell’ambiente circostante, evocare risposte cognitive ed emotive pertinenti e di conseguenza facilitare comportamenti evitativi nei confronti degli agenti patogeni infettivi. Si tratta di un complesso comportamentale che è fortemente legato al sistema limbico e governato dal disgusto. È un sistema ad alta sensibilità e bassa specificità, quindi produce errori di tipo “falsi positivi”. Proprio in virtù di tale caratteristica, nel produrre comportamenti evitativi per le infezioni può generare discriminazione. In presenza di una pandemia i falsi positivi sono aumentati dal contesto, ma possono comunque essere presenti altri meccanismi psichici che lo rendono inefficace. La salute è ritenuta da tutti indispensabile per la crescita e lo sviluppo globale della società, ma la politica sanitaria non basta da sola ad agire sui determinanti di salute. Infatti, per garantire un’adeguata gestione delle problematiche del settore sanitario, occorrono strategie ed iniziative congiunte ed integrate con altre politiche. Le strategie che coinvolgono altri settori nel raggiungimento degli obiettivi di salute pubblica sono riconosciute come elemento fondamentale della salute pubblica contemporanea. È necessario un nuovo approccio nella presa di decisioni e nella governance e nuove modalità di sviluppo e di governo della politica pubblica, che vadano oltre gli interessi ed i mandati settoriali. I crescenti rischi di malattie sono determinati soprattutto da cause esterne all’ambito sanitario: uso dei trasporti, edilizia, rischi ambientali, cambiamento degli stili di vita, dei consumi e dell’alimentazione, quale risultato dell’economia globalizzata. I comportamenti delle persone in termini di nutrizione ed attività fisica, cessazione del fumo di tabacco, consumo di alcol e sostanze psicotrope, corretti comportamenti alla guida, possono essere influenzati efficacemente attraverso la realizzazione di partnership con politiche ed interventi compiuti anche al di fuori dell’ambito sanitario, che comprendono gli ambienti e le comunità in cui la gente vive e lavora. Il Trattato “Salute in tutte le politiche UE-HIAP”, all’art. 152 prescrive che la Comunità Europea assicuri un elevato livello di protezione della salute nell’elaborazione ed attuazione di tutte le politiche. Uno degli scopi fondamentali dell’azione intersettoriale è quello di raggiungere una maggiore consapevolezza delle conseguenze che le decisioni politiche e le prassi organizzative adottate in diversi settori possono avere sulla salute. Vanno rafforzati e resi più efficaci, a tutti i livelli di governo, i sistemi per integrare gli aspetti di sanità pubblica nei settori di politiche non sanitarie, al fine di sviluppare politiche favorevoli alla salute e al benessere della popolazione. Un difetto di protezione e di promozione della salute dei cittadini produrrebbe gravi conseguenze economiche, in considerazione del fatto che il capitale umano, inteso come popolazione in buona salute, rappresenta un prerequisito essenziale per raggiungere gli obiettivi di crescita economica e sociale. Il documento Health 2020 e il nuovo Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 disegnano una cornice innovativa per promuovere la salute ed il benessere della popolazione. È importante che gli individui e le comunità sviluppino competenze specifiche ed abbiano accesso a informazioni e risorse ed abbiano opportunità per influenzare i fattori che condizionano la salute e il benessere. Gli interventi di promozione della salute devono mirare ad accrescere la partecipazione dei soggetti e delle organizzazioni. Si sottolinea la necessità di coinvolgere organizzazioni che possono influenzare direttamente o indirettamente la salute: la scuola, l’agricoltura, lo sport, l’ambiente, il terzo settore, il turismo, l’urbanistica ed i trasporti. Questo approccio richiama la proposta già tracciata dal documento europeo “Salute in tutte le politiche”, nel quale si auspica l’adozione di strategie che mirino ad abbracciare settori tradizionalmente lontani dall’ambito strettamente sanitario. Seguendo anche i principi della Carta di Tallin, il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 propone l’inclusione delle scelte sanitarie in tutte le politiche nazionali ed assegna al sistema sanitario una funzione di stewardship nella governance delle azioni orientate al miglioramento della salute della popolazione, attraverso la promozione di un confronto diretto con i possibili interlocutori (organizzazioni e stakeholder), al fin di promuovere collaborazioni intersettoriali.
Il Piano consiglia di adottare, tra le strategie di comunità per prevenire le malattie croniche non trasmissibili, il coinvolgimento di tutti i soggetti e le organizzazioni che possono contribuire a prevenirle e ad affrontarle, dai responsabili politici, alle associazioni locali (empowerment di comunità). Propone inoltre di realizzare interventi orientati a potenziare le risorse personali (empowerment individuale) per l’adozione consapevole di stili di vita corretti ed indica di adottare questo modello in tutto il ciclo di vita, a partire dall’infanzia e dall’adolescenza, quando si consolidano i comportamenti. Gli interventi in ambito scolastico devono essere orientati a coinvolgere in modo attivo gli studenti. Gli interventi rivolti all’età adulta devono promuovere un invecchiamento attivo ed in buona salute, favorendo la partecipazione sociale e la solidarietà tra le generazioni per sostenere l’anziano fragile nel contesto in cui vive, per mantenere l’autonomia ed evitare l’isolamento sociale. È importante investire nello sviluppo sociale sostenibile, riservando un’attenzione particolare all’equità, all’istruzione e al benessere ed attuare un approccio globale alla società, creando ambienti favorevoli ed opportunità per facilitare scelte salutari. La promozione della salute assume un ruolo importante per generare benessere e gli operatori sanitari assumono il ruolo di “catalizzatori” degli interventi di prevenzione e promozione della salute, intercettando le attività di settori differenti da quello sanitario e costruendo una coesione sociale sostenuta da una rete di azioni sinergiche ed integrate. La promozione della salute coinvolge tutte le politiche e tutte le professioni e può essere attuata in tutti gli ambiti di vita. Ogni professionalità con le proprie competenze e con la propria specificità può contribuire a creare salute e benessere. Per fare questo occorre che tutti i professionisti impegnati nella promozione della salute, appartenenti al settore sanitario e non, maturino competenze multiple orientate a sviluppare programmi di promozione della salute basati sui principi del coinvolgimento e dell’empowerment, programmi che mirino a migliorare le condizioni di salute, aumentare la health litercy, sostenere una vita autonoma e facilitare la scelta di stili di vita salutari. Il meeting “La promozione della salute in tutte le politiche e professioni” ha raccolto molteplici esperienze realizzate nei diversi ambiti lavorativi, nella scuola, nella comunità, negli ambienti di vita. Tutte le professioni sanitarie e non sanitarie hanno indicato i possibili settori nei quali poter intervenire per promuovere salute e benessere. La sfida per il futuro è di attuare modalità concrete affinché il settore sanitario possa costantemente interagire con altri settori, al fine di costruire una rete di azioni sinergiche ed integrate per creare salute e benessere. 5. La promozione della salute e le disuguaglianze, a cura di Filomena Lo Sasso e Sergio Ardis3/26/2015
L’Health 2020, nuovo quadro di riferimento per la politica per la salute nella Regione Europea dell’OMS, evidenzia la necessità di avere la promozione della salute e la riduzione delle iniquità al centro dell’azione politica. La Dichiarazione Politica di Rio sui Determinanti Sociali della Salute del 2011 sottolinea l’urgente necessità di agire sui determinanti sociali per ridurre le iniquità di salute. Le attuali emergenze sociali e di salute pongono nuove sfide per chi opera nella sanità, nell’istruzione e nel sociale. In Basilicata lo spopolamento, l’invecchiamento della popolazione, la povertà, i nuovi assetti sociali, l’immigrazione, impongono un nuovo approccio dei servizi socio-sanitari al fine di far fronte alle nuove e vecchie emergenze. Le disuguaglianze hanno influenza sulla scelta degli stili di vita, sull’accesso alle cure, ma giocano un ruolo molto importante anche sull’istruzione: apprendimento, integrazione scolastica, scelta del tipo di studi, frequentazione dei corsi di studi, abbandono scolastico. Anche gli interventi di promozione della salute nel setting scolastico necessariamente devono tener conto delle differenze nei bisogni educativi ed orientare i programmi verso le tematiche e metodologie d’approccio più adeguate. I giovani rappresentano una risorsa e possono essere motore di cambiamento importante per promuovere l’equità, diventando essi stessi promotori di salute privilegiati per veicolare messaggi positivi nelle nuove generazioni, utilizzando linguaggi e strumenti innovativi. Il meeting della SIPS Basilicata ha inteso affrontare il tema della promozione della salute e delle disuguaglianze al fine di disegnare un quadro della situazione internazionale, nazionale e regionale per ricercare approcci nuovi, credibili e robusti di promozione della salute. Il tema scelto dalla Società Italiana per la Promozione della Salute nel suo Convegno di Matera è di importanza enorme sia per l’Italia che per l’Europa. Promuovere la salute della popolazione, ed al tempo stesso ridurre le iniquità di stato di salute, è al centro della strategia per la salute (Salute 2020) dell’OMS. Questa strategia è stata doverosamente ed ampiamente citata nelle relazioni di molti relatori di questo importante Convegno SIPS. L’Europa sta cambiando velocemente. La riduzione della natalità, l’invecchiamento della popolazione, il fenomeno della globalizzazione e delle migrazioni, le nuove tecnologie a disposizione (inclusa l’ingegneria genetica) e le nuove vulnerabilità per la salute riportate in questi Atti, necessitano di un concetto di promozione della salute come chiave per lo sviluppo umano, sociale ed economico di un paese. In questi grandi processi di cambiamento di natura politica, sociale, economica e culturale, la promozione della salute deve trovare il modo di posizionarsi al centro delle politiche di sviluppo umano, sociale ed economico a livello locale, nazionale ed internazionale. Specifici gruppi vulnerabili, i più poveri, quelli marginalizzati, quelli che stanno più in basso nella scala sociale, spesso pagano un prezzo assai alto in termini di iniquità, non solo di aspettativa di vita ma di salute-malattia. Vi è ormai una chiara evidenza scientifica che queste iniquità di salute non solo sono moralmente ingiuste ed inaccettabili, ma sono evitabili. Affrontare e ridurre queste iniquità con strategie e programmi che promuovono la salute è, oltre che una questione di diritti umani, anche economicamente vantaggioso. Promuovere salute e ridurre le iniquità di stato di salute fa bene ai cittadini e fa bene all’economia! La domanda chiave è: quali azioni ed investimenti, oltre a produrre salute e ridurre le disuguaglianze, contribuiscono allo sviluppo umano, sociale ed economico nei paesi, regioni ed aree locali del nostro continente europeo? Queste sono tematiche che sempre più risulteranno nell’agenda di politici, scienziati, operatori socio-sanitari, economisti della salute, e società civile nel suo complesso. Sono tematiche pertinenti anche ai ruoli dei governi locali e allo sviluppo delle nostre comunità. Non c’è da stupirsi quindi che l’OMS abbia posto al centro della politica di Salute 2020 il tema dell’equità in salute e che vede la promozione della salute come parte integrante delle politiche di sviluppo e dei piani di contrasto alla presente crisi economica. La SIPS ha fatto bene a porre chiaramente il focus che promuovere la salute debba essere concepito in modo integrato con azioni che mirino a ridurre le iniquità. I contenuti degli Atti del Convegno di Matera hanno il pregio di collegare la letteratura scientifica inerente le iniquità di salute a situazioni specifiche del contesto italiano. Ne risulta una preziosa raccolta di esperienze di territorio. Questa pubblicazione offre know-how che ci aiuta a capire quanto la salute della nostra popolazione sia il risultato di scelte individuali e condizioni strutturali che influiscono enormemente sia sulle opzioni che sulla sostenibilità di tali scelte. Entrambe, scelte individuali e condizioni strutturali, sono modificabili al fine di proteggere e promuovere la salute individuale e collettiva. Il lettore troverà molti spunti di riflessioni nelle esperienze e studi presentati in questa pubblicazione. Indice
Prefazione Erio Ziglio Presentazione Riccardo Senatore Dalla promozione della salute all’etica della responsabilità Riccardo Senatore Le nuove sfide della promozione della salute: le disuguaglianze nella sanità e nell’istruzione Filomena Lo Sasso Health 2020: le politiche europee per la salute e il benessere Sergio Ardis, Moreno Marcucci La discriminazione in sanità: un fattore determinante disuguaglianza Sergio Ardis, Moreno Marcucci Un decennio di attività per la prevenzione della discriminazione in ambito sanitario: l’esperienza di Lucca Sergio Ardis, Moreno Marcucci Basilicata - Note demografiche Rosaria Tozzi, Carmela Saponara, Filomena Lo Sasso 59 La promozione degli stili di vita e le disuguaglianze sociali Carmine Sinno Questioni di cuore: promozione della salute cardiologica nell’arco di vita Pasquale Lisanti Scuola e consultorio adolescenti: corsia preferenziale per la promozione di un corretto stile alimentare Gloria Turi I teen e l’alcol: il diritto a non diventare dipendenti Antonella Cernuzio, Giuseppe Palucci Le disuguaglianze nella prevenzione secondaria dell’alcoldipendenza Giuseppe Palucci, Antonella Cernuzio Ritorno alla natura per recuperare il benessere Marilina Benedetto Nuovi ambienti di apprendimento: i laboratori cognitivi Margherita Fasano La sfida dell’istruzione di fronte alla diversità Antonietta Moscato Docere salutem Angela Smaldone Obesità e diabete. Riflessioni di un nutrizionista clinico impegnato in prevenzione Carmela Bagnato Una buona organizzazione come prerequisito per una buona promozione della salute Rossella Coniglio Una rete di scuole che promuove salute Linda Cafasso La promozione della salute e le disuguaglianze nell’approccio all’istruzione Rachele Calandriello Gli alunni con bisogni educativi speciali: una risorsa per tutti Mariarosaria Carapelle Educazione interculturale Antonio Tundo Disagi familiari nel contesto scuola Battistina Sinisi Abbandono scolastico: disuguaglianze sociali o disinteresse culturale? Angela Rosa Martino Verso la costituzione del gruppo di peer education nelle scuole di Matera Luana Gilio Il nursing interculturale Irene del Carlo Il tema educare alla responsabilità è stato individuato per il meeting annuale dalla Società Italiana di Promozione della Salute da sempre impegnata a sostenere i percorsi delle nuove generazioni che favoriscano la loro crescita culturale ed educativa nell'ambito dei diritti umani ed in particolare del diritto alla salute. In tale contesto il mondo della scuola insieme a quello della sanità rappresentano un universo denso di significati che abbraccia l'agire delle persone che in essi operano, i destinatari degli interventi che promuovono e realizzano, il più vasto mondo sociale che rappresenta cornice e al tempo stesso scenario futuribile per le nuove generazioni ancora in crescita. Le giornate dedicate al meeting vogliono offrire un forte momento di riflessione che intende raccogliere le varie esperienze realizzate in tutte le Regioni attraverso una responsabilizzazione di tutti i componenti dell'unico sistema educativo scuola/salute. Un modello educativo comune coincidente con una comunità in cui si cresce sul piano umano e culturale, perseguendo l'obbiettivo di formare individui responsabili, aperti alle altre culture e liberi di esprimere sentimenti, emozioni ed attese, capaci di gestire conflittualità ed incertezze, di operare scelte ed assumere decisioni autonome agendo responsabilmente. L’importanza di promuovere e sostenere stili di vita e ambienti favorevoli alla salute sin dalla prima infanzia, in un’ottica di prevenzione di fattori di rischio quali obesità infantile, tabagismo, abuso di alcool e consumo di sostanze, chiama in causa una molteplicità di attori e di istituzioni e tra queste la scuola è certamente quella fondamentale.
Non è certamente una novità: negli anni sono stati davvero molti i programmi e le azioni realizzati pensando all’importanza di svolgere un’azione preventiva cominciando in un’età precoce e al fondamentale ruolo educativo della scuola. Tuttavia, sul piano dell’approccio, il metodo privilegiato è stato in genere quello di tipo contenutistico-informativo ed i risultati ottenuti si sono dimostrati non solo poco rilevanti in termini di rapporto fra costi e benefici, ma soprattutto scarsamente persistenti nel tempo: nonostante gli sforzi profusi non si è riusciti a incidere efficacemente sui comportamenti e sugli atteggiamenti dei giovani a cui ci si è rivolti, così come non si è stati in grado di capitalizzare adeguatamente in termini di salute le potenzialità educative e formative offerte del contesto scolastico stesso. L’opera si presenta come strumento teorico-pratico per approfondire le tematiche della promozione della salute - che si distingue dalla mera prevenzione della malattia, così come indicato efficacemente dall’OMS - , affrontando la sfida attuale di progettare interventi nell’ambito scolastico e soprattutto di sperimentare un modello di valutazione delle azioni attivate per migliorare il benessere dei ragazzi. Il contributo dei vari autori ricorda come la promozione della salute, dalle premesse storiche arrivando ai contenuti della Carta di Ottawa (e ai documenti internazionali successivi), deve rivolgersi alla costruzione di una politica pubblica per la salute, a creare ambienti favorevoli, a dare forza all’azione della comunità, a sviluppare le abilità personali e a riorientare i servizi sanitari. Si comprende quindi come il processo debba essere globale e rivolto essenzialmente al benessere. La letteratura è piena di evidenze scientifiche che mostrano come i soli elementi conoscitivi non bastano a garantire l’assunzione di comportamenti consapevoli e responsabili. Ecco perché le “life skill” diventano obiettivi prioritari per le attività di promozione della salute, assieme all’educazione fra pari (peer education) per gli studenti che risulta, quindi, uno dei pochi strumenti efficaci volti a influenzare positivamente i componenti del gruppo e il loro “empowerment”. Gli esempi presentati dagli autori nell’ambito scolastico, nell’attività svolta, nell’ambito del modello toscano dalla Struttura di Educazione e promozione della salute dell’Azienda USL2 di Lucca, mostrano i progetti oramai “a sistema”. Da qui la fondamentale importanza di una riflessione sulla valutazione del benessere, tramite, sia un progetto realizzato dagli stessi “peer educator” che a mezzo la definizione di specifici items validati a livello internazionale (OECD, Istat) e consigliato nell'Health 2020 dell'OMS. Contributi di: Sergio Ardis, Paola Bartolini, Manuele Bellonzi, Umberto Cherubini, Lucia Corrieri Puliti, Antonella De Cesari, Roberta Della Maggiora, Martina Fondi, Marta Marcucci, Moreno Marcucci, Evelina Mugnani. Questo libro nasce da un progetto di ricerca, sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, mirato ad individuare gli strumenti necessari a valutare le attività di promozione della salute, in particolare quelle relative al benessere soggettivo. Sino ad ora, sia in economia sia in sanità la valutazione del benessere ha tenuto poco conto del vissuto dei singoli, delle potenzialità ed abilità psicosociali di ogni persona, il cui sviluppo aiuta a trovare equilibrio fra ragione ed emozioni che favoriscono il raggiungimento del benessere.
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