La pandemia è stata affrontata grazie alle competenze che i sanitari già possedevano e che hanno consentito di improvvisare e costruire nuovi modi di curare. Così è stato affrontato un nuovo virus di cui non sapevamo niente. Adesso è il momento di iniziare a descrivere ciò che è necessario per curare in base alle nuove conoscenze che abbiamo e all’esperienza fatta. Questo libro parla dell’assistenza infermieristica ai pazienti malati di Covid nei vari setting, ospedaliero, territoriale e nelle RSA. Una parte del libro tratta della salute positiva dei sanitari misurata durante il lockdown, per capire come la pandemia può minacciare la salute o rappresentare un’opportunità in base alle risorse individuali. La relazione con i pazienti in questo periodo è cambiata e in questo libro non si poteva non trattare delle nuove modalità comunicative che la pandemia ha imposto. L’ultima parte del libro è dedicata alla prevenzione delle infezioni in ospedale. Avremmo dovuto poter leggere questo libro un anno fa. A partire da ora potrà essere utile a infermieri e studenti che si avvicinano alla professione.
Indice
Introduzione
L’assistenza infermieristica e il Covid
L’assistenza infermieristica territoriale
L’assistenza al paziente Covid-19 in corsia
L’assistenza infermieristica nel setting intensivo
Fluidoterapia nel paziente con grave insufficienza respiratoria da Covid-19
L’assistenza infermieristica all’anziano in RSA
Trasporto del paziente positivo al Sars-CoV-2: revisione della letteratura scientifica
La salute positiva e gli infermieri durante la pandemia
Soddisfazione per il lavoro e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il primo lockdown
L’empatia degli studenti di infermieristica durante la pandemia
Chi è empatico non sorride più degli altri: studio cross-sectional durante il lockdown
La resilienza dei sanitari nella prima ondata epidemica
La resilienza dei futuri infermieri durante il lockdown
Speranza e gratitudine negli studenti italiani di infermieristica al tempo del coronavirus
Nuove sfide comunicative e relazionali in sanità
La comunicazione nella televisita
La comunicazione infermieristica con il paziente in NIV: evidenze ed esperienze
La narrativa infermieristica: uno strumento di cura nell’epoca del COVID
La narrazione come cura dell’operatore e per l’operatore
Prevenire le infezioni
Trasmissione delle infezioni nelle pratiche assistenziali e strategie di prevenzione
Il sistema immunitario comportamentale: come funziona il nostro cervello nella difesa dalle infezioni durante la pandemia
L’assistenza infermieristica e il Covid
L’assistenza infermieristica territoriale
L’assistenza al paziente Covid-19 in corsia
L’assistenza infermieristica nel setting intensivo
Fluidoterapia nel paziente con grave insufficienza respiratoria da Covid-19
L’assistenza infermieristica all’anziano in RSA
Trasporto del paziente positivo al Sars-CoV-2: revisione della letteratura scientifica
La salute positiva e gli infermieri durante la pandemia
Soddisfazione per il lavoro e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il primo lockdown
L’empatia degli studenti di infermieristica durante la pandemia
Chi è empatico non sorride più degli altri: studio cross-sectional durante il lockdown
La resilienza dei sanitari nella prima ondata epidemica
La resilienza dei futuri infermieri durante il lockdown
Speranza e gratitudine negli studenti italiani di infermieristica al tempo del coronavirus
Nuove sfide comunicative e relazionali in sanità
La comunicazione nella televisita
La comunicazione infermieristica con il paziente in NIV: evidenze ed esperienze
La narrativa infermieristica: uno strumento di cura nell’epoca del COVID
La narrazione come cura dell’operatore e per l’operatore
Prevenire le infezioni
Trasmissione delle infezioni nelle pratiche assistenziali e strategie di prevenzione
Il sistema immunitario comportamentale: come funziona il nostro cervello nella difesa dalle infezioni durante la pandemia
Abstract
L’assistenza infermieristica territoriale
Benedetta Giampietri
A distanza di 200 anni dalla nascita della fondatrice del nursing moderno Florence Nightingale, colei che ha dato vita ad un approccio scientifico al nursing (Festini, 2012), il 2020, proclamato l’anno dell’infermiere e dell’ostetrica dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Editorial, 2020), sarà ricordato da tutta la popolazione mondiale come l’anno della pandemia da Coronavirus 2019. La pandemia della malattia da Covid-19 ha gravemente colpito il sistema sanitario italiano e l’ambiente sociale ed economico (Gilad, 2020). Al fine di prevenire un sovraffollamento dei reparti e il collasso del sistema sanitario è stato necessario incrementare l’attività territoriale e garantire una continuità assistenziale per i pazienti positivi al Covid-19. In Italia, per creare un “ospedale senza mura” (Hawkes, 2013), sono state istituite le unità speciali di continuità assistenziale (Usca). Le Usca sono dei nuclei operativi, attivi sette giorni su sette dalle 8.00 alle ore 20.00, formati da medici ed infermieri incaricati di monitorare i pazienti positivi, sia attraverso chiamate giornaliere che visite a domicilio. L’infermiere riveste un ruolo strategico nell’evitare interruzioni di continuità tra i diversi momenti della cura, sia nel processo assistenziale sia nell’integrazione tra i diversi livelli d’intervento ed i diversi servizi coinvolti (Obbia, 2018). L’infermiere dell’Usca si rivolge nello specifico a pazienti affetti da Covid-19. Con i dispositivi di protezione individuale, entra nelle case dei pazienti quarantenati o in isolamento ed effettua tamponi nasofaringei, prelievi ematici, procedure specifiche relative ad altre patologie, misurazione dei parametri vitali ed assiste l’individuo e il suo nucleo familiare. Collabora con il medico dell’Usca nella presa in carico dei pazienti, promuove la cultura della salute e progetta specifici interventi educativi e informativi mirati a far apprendere le nozioni base dell’igiene, sia al singolo che alla comunità.
L’assistenza al paziente Covid-19 in corsia
Anna Abbate, Davide Capponi
Il 2020 è stato l’anno colpito da una pandemia che ha stravolto i sistemi sanitari di tutto il mondo e il modo di vivere delle persone. Le politiche di tutti i paesi colpiti hanno dovuto fronteggiare difficoltà sia in termini di salute delle persone che di ricaduta in ambito sociale ed economico. I professionisti sanitari, dai medici, infermieri, operatori di supporto fino al personale tecnico si sono interfacciati con malati spesso molto complessi. Oltre alle difficoltà respiratorie, tipiche della malattia e alle complicanze legate alla ventilazione, alla nutrizione o alla mobilizzazione, il personale sanitario ha assistito i propri malati cercando di portare conforto nella solitudine della persona ricoverata. La comunicazione con il malato è diventata centrale come mai prima. Tutti gli operatori, indossando dispositivi di protezione individuale che proteggono tutto il corpo, possono comunicare solamente attraverso lo sguardo e la voce. Una delle difficoltà più grandi che il Covid-19 ha messo di fronte gli operatori sanitari è combattere la paura e l’insicurezza che affliggono i malati ricoverati, impossibilitati a vedere la propria famiglia, mentre cercano di vincere contro un’infezione ancora sconosciuta.
L’assistenza infermieristica nel setting intensivo
Veronica D’Elia
La SARS-CoV-2 ha generato un profondo cambiamento nelle persone soprattutto all’interno dell’ambito sanitario. Si sono susseguite modifiche organizzative, gestionali, cliniche ed etiche (Romanò, 2020). Quindi riorganizzazione dei reparti, ridistribuzione delle risorse, creazione di nuovi protocolli ed erogazione di programmi di training specifici.
Il virus ha rappresentato e continua ad essere ancora oggi un rischio per gli operatori sanitari che hanno ormai imparato a lavorare utilizzando dispositivi di protezione individuale che raramente avevano utilizzato prima. Dispositivi che utilizzano durante tutto il turno di lavoro: nella gestione ordinaria del paziente, nell’urgenza e nell’emergenza, nel trasporto della persona nei locali in cui si effettuano determinati esami strumentali o nell’accompagnamento verso una struttura più idonea.
Oltre a ciò, si trovano a fronteggiare il timore di ammalarsi o di contagiare i propri cari, la consapevolezza di dover assistere a molti decessi in pochi giorni e il senso di impotenza che ne deriva. Sensazioni tipiche degli infermieri di terapia intensiva che possono portare alla compassion fatigue o al burnout (Alharbi, 2020; Azoulay, 2020).
Dall’altro lato gli operatori sanitari di terapia intensiva sono abituati a lavorare in team e a sostenersi a vicenda anche nei momenti più difficili. È proprio questa sinergia che permette di cercare di fornire la migliore assistenza e il miglior outcome possibile.
Fluidoterapia nel paziente con grave insufficienza respiratoria da Covid-19
Valerio Ciotti, Tiziana Traini, Silvia Pierantozzi, Tiziana Principi
Obiettivo: in terapia intensiva la gestione del malato affetto da insufficienza respiratoria acuta e dalla sindrome da distress respiratorio acuto da infezione SARS CoV-2 richiede, tra l’altro, la corretta gestione della terapia fluida e l’attento monitoraggio del bilancio idrico quotidiano. Infatti, ai pazienti in condizioni critiche vengono somministrati frequentemente grandi volumi di liquidi, con il conseguente rischio di compromettere l’apporto di ossigeno a livello cellulare. L’obiettivo dello studio è quello di verificare i vantaggi dell’appropriata gestione della fluidoterapia e il conseguente miglioramento della funzione respiratoria.
Metodi: sono state esaminate le documentazioni cliniche informatizzate dei pazienti ricoverati con diagnosi di insufficienza respiratoria acuta causata dalla polmonite Covid-19, con lo scopo di analizzare la correlazione tra i valori dei bilanci idrici ed i peggiori rapporti P/F giornalieri di ciascun paziente.
Risultati: attraverso l’elaborazione ed analisi dei dati per singoli pazienti, è stato possibile rilevare come la funzione respiratoria sia influenzata dai diversi bilanci idrici. A seguito di valori negativi, l’andamento della funzione respiratoria tende a migliorare.
Conclusione: i risultati ottenuti trovano riscontro con i dati presenti in letteratura riguardo al trattamento dei fluidi nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta che rispondono ai criteri di Berlino. Pertanto, nella gestione e nel trattamento della persona con grave insufficienza respiratoria acuta causata dalla polmonite Covid-19, è preferibile orientarsi verso un apporto ridotto di fluidi rispetto ad una strategia liberale.
L’assistenza infermieristica all’anziano in RSA
Irene Dell’Amico
All’inizio del dicembre 2019 si sono verificate nella provincia dell’Hubei, in Cina, una serie di polmoniti di origini sconosciuta. Dopo numerosi studi, è stata identificata una sindrome respiratoria acuta da Sars-Cov-2 soprannominata in seguito Covid-19 (Yuen, 2020). L’infezione si manifesta con vari sintomi di gravità differente, tra i più comuni si ritrovano: febbre, tosse secca e insufficienza respiratoria ma anche cefalea, dolori muscolari, disturbi gastrointestinali quali nausea, emesi e diarrea, ageusia e anosmia (Lovato, 2020). La pandemia ha messo a dura prova il sistema sanitario nazionale e il lavoro dei sanitari all’interno degli ospedali e sul territorio. Le residenze sanitarie assistenziali, o RSA, sono risultate luoghi particolarmente a rischio a causa dell’età avanzata dei residenti e delle comorbilità ma anche a causa delle problematiche di ricerca e isolamento dei casi al loro interno favorendo una diffusione veloce e incontrollata del virus (Davidson, 2020; McGilton, 2020). L’infermiere all’interno delle RSA ha dovuto adattare il proprio lavoro con l’evolversi della pandemia. Si è occupato di proteggere i propri ospiti, cercando di mantenere insieme agli altri operatori presenti in struttura un clima il più possibile sereno nonostante il lockdown e le paure. Ha aggiunto alle sue attività di assistenza infermieristica le attività di screening effettuando test sierologici rapidi e tamponi nasofaringei in stretta collaborazione con il dipartimento di prevenzione, le U.S.C.A. e i medici di medicina generale. Dato che si tratta di una malattia di nuova insorgenza e dagli esiti spesso infausti soprattutto nelle persone anziane e facilmente mutabili nel tempo, l’assistenza infermieristica all’interno delle RSA è stata costantemente adattata e rimodulata seguendo i protocolli della USL di competenza e le ordinanze regionali e ministeriali.
Trasporto del paziente positivo al Sars-CoV-2: revisione della letteratura scientifica
Tommaso Galeazzi
Il Sars-CoV-2 è un virus respiratorio appartenente alla grande famiglia dei coronavirus (CoV); questi possono rendersi responsabili di diverse patologie di entità variabile: dal comune raffreddore a sindromi respiratorie più serie come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle east respiratory syndrome) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute respiratory syndrome). Questo studio è stato intrapreso per osservare le modalità di trasporto in mezzi di soccorso e non dei pazienti positivi al Sars-CoV-2 attraverso una revisione della letteratura scientifica sul database PubMed. I risultati della revisione evidenziano l’importanza della messa in sicurezza sia degli ambienti di lavoro, in questo caso mezzi di soccorso o di trasporto, sia del vestiario lavorativo. Anche le ambulanze devono avere dei requisiti minimi per garantire la sicurezza degli operatori che operano per il trasporto e il trasferimento di pazienti positivi al Sars-CoV-2. La disinfezione riveste un ruolo cruciale nel trasporto di un paziente positivo al Sars-CoV-2 in quanto consente, attraverso l’utilizzo di prodotti come l’ipoclorito di sodio o l’etanolo, l’eliminazione del virus sulle superfici.
Soddisfazione per il lavoro e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il primo lockdown
Matteo Makowiecki, Chiara Medici, Noemi Battaglioni, Chiara Bengala, Valentina Ungaretti, Leonardo Urbani, Matteo Cecchi, Marta Arzilli, Michela Maielli e Sergio Ardis
L’Italia è stato uno dei paesi più colpiti dal SARS-CoV-2 e durante l’epidemia il sistema sanitario ha subito un elevato stress. Il lockdown imposto alla popolazione ha bloccato l’economia italiana e ha dato inizio a una crisi che avrà impatto sul sistema sanitario e sull’economia del paese.
Questo studio confronta livelli di benessere soggettivo dei professionisti sanitari prima e durante il periodo più critico di lockdown, quando l’Italia è stata il primo paese del mondo per numero di infezioni.
Il benessere soggettivo è stato misurato attraverso il benessere emotivo, la soddisfazione per il lavoro, la felicità globale e la soddisfazione per la vita. Ciascuna misura è stata confrontata prima e dopo l’epidemia così come tra i sottogruppi di intervistati.
È stata data una particolare attenzione alle disuguaglianze di livello professionale, genere e livello di istruzione oltre che al loro effetto sul benessere soggettivo.
Lo studio ha rilevato che mentre il benessere emotivo ha avuto una leggera diminuzione, le altre misure sono rimaste invariate e la soddisfazione per il lavoro è aumentata durante il periodo di lockdown.
Le attuali differenze di benessere basate sulle disuguaglianze di livello professionale ed educativo sono state eliminate una volta che i professionisti stavano combattendo l’epidemia di SARS-CoV-2. La diminuzione delle disuguaglianze e l’aumento della soddisfazione per il lavoro possono essere fortemente correlate a una nuova fiducia nei professionisti sanitari, a un’alta gratitudine dalla popolazione e un sentimento di realizzazione e significato come descrive il modello PERMA.
I risultati di questo studio dovrebbero aiutare le organizzazioni sanitarie a mantenere le disuguaglianze basse e le altre organizzazioni ad applicare tali apprendimenti nella loro struttura.
L’empatia degli studenti di infermieristica durante la pandemia
Leonardo Urbani, Giulia Guidi, Valentina Ungaretti, Luca Riccioli e Michela Maielli, Sergio Ardis
In questo studio è stato esaminato un campione di studenti italiani di scienze infermieristiche, focalizzando l’attenzione sui loro livelli di empatia, misurati tramite due scale, il Toronto Empathy Questionaire e la Balanced Emotional Empathy Scale. Non è stato osservato un calo di empatia tra gli studenti dei tre anni di corso, come viene descritto in letteratura, ma confrontando i dati di questo studio con quelli di un recente studio italiano (Scipioni, 2019), è emersa una differenza statisticamente significativa tra i livelli di empatia degli studenti dei primi due anni ma non tra quelli del terzo. Il lockdown potrebbe aver provocato un calo di empatia soprattutto negli studenti dei primi due anni. Questi dati potrebbero essere una base di partenza per approfondire il fenomeno ed eventualmente osservare se gli effetti si protraggano nel tempo, sia per i futuri studenti sia per quelli odierni che progrediranno nel loro percorso fino all’ingresso nel sistema sanitario italiano.
Chi è empatico non sorride più degli altri: studio cross-sectional durante il lockdown
Luca Riccioli, Giulia Guidi, Valentina Ungaretti, Leonardo Urbani, Veronica D’Elia, Michela Maielli, Sergio Ardis
Lo scopo del presente studio era di esplorare l’eventuale correlazione tra frequenza dei sorrisi ed empatia nei sanitari. Lo studio è stato condotto con una survey nazionale durante il mese in cui l’Italia ha fermato le attività per controllare la prima ondata pandemica. Il campione studiato era composto da 614 sanitari reclutati sul territorio nazionale. Ai partecipanti sono state somministrate due scale di empatia e una scala per la misurazione del benessere emotivo. La frequenza dei sorrisi è stata dedotta da un item di una scala per la misurazione del benessere emotivo.
Nel campione studiato la maggiore frequenza dei sorrisi non è risultata associata a maggiori livelli di empatia.
La resilienza dei sanitari nella prima ondata epidemica
Chiara Medici, Marta Arzilli, Veronica D’Elia, Irene Dell’Amico, Sara Macchiarini, Giulia Guidi, Michela Maielli, Sergio Ardis
L’Italia è stata una delle nazioni più profondamente colpite dalla pandemia da SARS-CoV-2 e conseguentemente a marzo 2020 è stato necessario istituire un lockdown generale. Il Sistema Sanitario Nazionale e tutti i professionisti sanitari sono stati messi a dura prova e sotto un notevole stress. La resilienza è un fattore protettivo per lo stress.
L’obiettivo di questo studio era misurare i valori del costrutto resilienza e le correlazioni con le dimensioni del benessere soggettivo nei sanitari italiani. L’indagine è stata eseguita dal 28 marzo al 27 aprile 2020 nell’imminenza della fine del lockdown. La popolazione studiata era costituita da 614 sanitari distribuiti su tutto il territorio nazionale; 162 di questi erano maschi mentre 452 erano femmine.
Le scale utilizzate per la realizzazione del questionario erano la scala che misura il benessere emotivo (BE) che comprende la misura dei positive affect (PA) e dei negative affect (NA), la scala che misura la felicità globale (FG), la soddisfazione per la vita (SpV), la soddisfazione per il lavoro (SpL) ed infine quella che misura la resilienza (R).
Lo studio ha dimostrato l’associazione tra resilienza e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il lockdown. Al tempo stesso è emersa una disuguaglianza nei punteggi di resilienza tra chi possiede una laurea di tre, cinque o più anni e chi possiede un diploma di scuola media inferiore o superiore.
La resilienza nel nostro studio è risultata correlata a tutte le dimensioni positive di benessere dei sanitari e le dimensioni “senso della vita” e “consapevolezza di sé” sono risultate elementi chiave di questo effetto.
La resilienza dei futuri infermieri durante il lockdown
Marta Arzilli, Chiara Medici, Veronica D’Elia, Irene Dell’Amico, Sara Macchiarini, Giulia Guidi, Michela Maielli,Sergio Ardis
Il momento critico determinato dal lockdown potrebbe aver avuto un impatto consistente sugli studenti infermieri. La resilienza è un fattore di protezione individuale per superare senza danno tali eventi avversi.
Il presente studio ha misurato la resilienza durante il lockdown ed ha valutato le correlazioni del costrutto multidimensionale con le dimensioni di benessere soggettivo.
L’analisi delle varie dimensioni di resilienza ha permesso di individuare nella popolazione studiata la maggiore rilevanza per le dimensioni “senso della vita” e “consapevolezza di sé”.
Speranza e gratitudine negli studenti italiani di infermieristica al tempo del coronavirus
Matteo Cecchi, Matteo Makowiecki, Emanuele Antonio Corvino, Michela Maielli, Veronica D’Elia, Sergio Ardis
Gli studenti infermieri hanno la peculiarità di dover completare un curriculum accademico fortemente improntato sulla pratica. L’impossibilità di frequentare tirocini pratici durante il primo lockdown ha pesato molto sulla psiche e per numerosi studenti si è unita al senso di frustrazione per non poter essere utili in ospedale nel momento in cui ce n’era più bisogno. Il lockdown ha quindi esposto gli studenti infermieri ad un rischio di perdita di benessere soggettivo. Questo studio ha misurato i livelli di gratitudine e di speranza come possibili fattori positivi in grado di aumentare i livelli di benessere soggettivo degli studenti infermieri durante il lockdown.
Lo studio ha rilevato che speranza e gratitudine sono positivamente correlate al benessere soggettivo degli studenti infermieri italiani. In particolare, è ragionevole supporre che speranza e gratitudine abbiano impedito o attenuato la perdita di benessere soggettivo in alcuni studenti durante il lockdown. È emerso inoltre che le studentesse hanno livelli maggiori di gratitudine rispetto alla loro controparte maschile, risultato in linea con altri già presenti in letteratura scientifica.
I dati raccolti da questo studio possono rappresentare quindi un database in progress per il monitoraggio delle dimensioni citate in un prossimo futuro e in un futuro in cui questa pandemia sarà ormai un ricordo.
Trasmissione delle infezioni nelle pratiche assistenziali e strategie di prevenzione
Moreno Marcucci
Per descrivere e analizzare nel dettaglio la serie di processi che portano alla trasmissione delle infezioni da un organismo vivente a un altro, viene solitamente utilizzata la metafora della catena, “mezzo di collegamento e di unione fatto di più anelli di ferro o d’altro metallo passati l’uno dentro l’altro, che serve per tener saldamente legate cose, animali, persone…” (Vocabolario Treccani). Una serie distinta di elementi, azioni e condizioni rappresentano gli anelli di una catena necessari al passaggio di un microrganismo patogeno tra un individuo che già ne è portatore a uno o più individui fino a quel momento indenni. In questo capitolo prenderemo in esame i possibili modi con cui “spezzare” i vari anelli della catena di trasmissione al fine di combattere le infezioni. A titolo esemplificativo ricorderemo anche malattie ed agenti infettivi non propriamente tipici delle infezioni correlate all’assistenza ma la cui citazione può essere un utile pro memoria per il bagaglio delle conoscenze professionali.
Il sistema immunitario comportamentale: come funziona il nostro cervello nella difesa dalle infezioni durante la pandemia
Sergio Ardis, Michelangelo Bacci, Moreno Marcucci
In questo capitolo finale del libro analizzeremo il sistema immunitario comportamentale che è un “pacchetto” di meccanismi psicologici in grado di individuare la presenza di agenti patogeni infettivi nell’ambiente circostante, evocare risposte cognitive ed emotive pertinenti e di conseguenza facilitare comportamenti evitativi nei confronti degli agenti patogeni infettivi.
Si tratta di un complesso comportamentale che è fortemente legato al sistema limbico e governato dal disgusto.
È un sistema ad alta sensibilità e bassa specificità, quindi produce errori di tipo “falsi positivi”. Proprio in virtù di tale caratteristica, nel produrre comportamenti evitativi per le infezioni può generare discriminazione.
In presenza di una pandemia i falsi positivi sono aumentati dal contesto, ma possono comunque essere presenti altri meccanismi psichici che lo rendono inefficace.
Benedetta Giampietri
A distanza di 200 anni dalla nascita della fondatrice del nursing moderno Florence Nightingale, colei che ha dato vita ad un approccio scientifico al nursing (Festini, 2012), il 2020, proclamato l’anno dell’infermiere e dell’ostetrica dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Editorial, 2020), sarà ricordato da tutta la popolazione mondiale come l’anno della pandemia da Coronavirus 2019. La pandemia della malattia da Covid-19 ha gravemente colpito il sistema sanitario italiano e l’ambiente sociale ed economico (Gilad, 2020). Al fine di prevenire un sovraffollamento dei reparti e il collasso del sistema sanitario è stato necessario incrementare l’attività territoriale e garantire una continuità assistenziale per i pazienti positivi al Covid-19. In Italia, per creare un “ospedale senza mura” (Hawkes, 2013), sono state istituite le unità speciali di continuità assistenziale (Usca). Le Usca sono dei nuclei operativi, attivi sette giorni su sette dalle 8.00 alle ore 20.00, formati da medici ed infermieri incaricati di monitorare i pazienti positivi, sia attraverso chiamate giornaliere che visite a domicilio. L’infermiere riveste un ruolo strategico nell’evitare interruzioni di continuità tra i diversi momenti della cura, sia nel processo assistenziale sia nell’integrazione tra i diversi livelli d’intervento ed i diversi servizi coinvolti (Obbia, 2018). L’infermiere dell’Usca si rivolge nello specifico a pazienti affetti da Covid-19. Con i dispositivi di protezione individuale, entra nelle case dei pazienti quarantenati o in isolamento ed effettua tamponi nasofaringei, prelievi ematici, procedure specifiche relative ad altre patologie, misurazione dei parametri vitali ed assiste l’individuo e il suo nucleo familiare. Collabora con il medico dell’Usca nella presa in carico dei pazienti, promuove la cultura della salute e progetta specifici interventi educativi e informativi mirati a far apprendere le nozioni base dell’igiene, sia al singolo che alla comunità.
L’assistenza al paziente Covid-19 in corsia
Anna Abbate, Davide Capponi
Il 2020 è stato l’anno colpito da una pandemia che ha stravolto i sistemi sanitari di tutto il mondo e il modo di vivere delle persone. Le politiche di tutti i paesi colpiti hanno dovuto fronteggiare difficoltà sia in termini di salute delle persone che di ricaduta in ambito sociale ed economico. I professionisti sanitari, dai medici, infermieri, operatori di supporto fino al personale tecnico si sono interfacciati con malati spesso molto complessi. Oltre alle difficoltà respiratorie, tipiche della malattia e alle complicanze legate alla ventilazione, alla nutrizione o alla mobilizzazione, il personale sanitario ha assistito i propri malati cercando di portare conforto nella solitudine della persona ricoverata. La comunicazione con il malato è diventata centrale come mai prima. Tutti gli operatori, indossando dispositivi di protezione individuale che proteggono tutto il corpo, possono comunicare solamente attraverso lo sguardo e la voce. Una delle difficoltà più grandi che il Covid-19 ha messo di fronte gli operatori sanitari è combattere la paura e l’insicurezza che affliggono i malati ricoverati, impossibilitati a vedere la propria famiglia, mentre cercano di vincere contro un’infezione ancora sconosciuta.
L’assistenza infermieristica nel setting intensivo
Veronica D’Elia
La SARS-CoV-2 ha generato un profondo cambiamento nelle persone soprattutto all’interno dell’ambito sanitario. Si sono susseguite modifiche organizzative, gestionali, cliniche ed etiche (Romanò, 2020). Quindi riorganizzazione dei reparti, ridistribuzione delle risorse, creazione di nuovi protocolli ed erogazione di programmi di training specifici.
Il virus ha rappresentato e continua ad essere ancora oggi un rischio per gli operatori sanitari che hanno ormai imparato a lavorare utilizzando dispositivi di protezione individuale che raramente avevano utilizzato prima. Dispositivi che utilizzano durante tutto il turno di lavoro: nella gestione ordinaria del paziente, nell’urgenza e nell’emergenza, nel trasporto della persona nei locali in cui si effettuano determinati esami strumentali o nell’accompagnamento verso una struttura più idonea.
Oltre a ciò, si trovano a fronteggiare il timore di ammalarsi o di contagiare i propri cari, la consapevolezza di dover assistere a molti decessi in pochi giorni e il senso di impotenza che ne deriva. Sensazioni tipiche degli infermieri di terapia intensiva che possono portare alla compassion fatigue o al burnout (Alharbi, 2020; Azoulay, 2020).
Dall’altro lato gli operatori sanitari di terapia intensiva sono abituati a lavorare in team e a sostenersi a vicenda anche nei momenti più difficili. È proprio questa sinergia che permette di cercare di fornire la migliore assistenza e il miglior outcome possibile.
Fluidoterapia nel paziente con grave insufficienza respiratoria da Covid-19
Valerio Ciotti, Tiziana Traini, Silvia Pierantozzi, Tiziana Principi
Obiettivo: in terapia intensiva la gestione del malato affetto da insufficienza respiratoria acuta e dalla sindrome da distress respiratorio acuto da infezione SARS CoV-2 richiede, tra l’altro, la corretta gestione della terapia fluida e l’attento monitoraggio del bilancio idrico quotidiano. Infatti, ai pazienti in condizioni critiche vengono somministrati frequentemente grandi volumi di liquidi, con il conseguente rischio di compromettere l’apporto di ossigeno a livello cellulare. L’obiettivo dello studio è quello di verificare i vantaggi dell’appropriata gestione della fluidoterapia e il conseguente miglioramento della funzione respiratoria.
Metodi: sono state esaminate le documentazioni cliniche informatizzate dei pazienti ricoverati con diagnosi di insufficienza respiratoria acuta causata dalla polmonite Covid-19, con lo scopo di analizzare la correlazione tra i valori dei bilanci idrici ed i peggiori rapporti P/F giornalieri di ciascun paziente.
Risultati: attraverso l’elaborazione ed analisi dei dati per singoli pazienti, è stato possibile rilevare come la funzione respiratoria sia influenzata dai diversi bilanci idrici. A seguito di valori negativi, l’andamento della funzione respiratoria tende a migliorare.
Conclusione: i risultati ottenuti trovano riscontro con i dati presenti in letteratura riguardo al trattamento dei fluidi nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria acuta che rispondono ai criteri di Berlino. Pertanto, nella gestione e nel trattamento della persona con grave insufficienza respiratoria acuta causata dalla polmonite Covid-19, è preferibile orientarsi verso un apporto ridotto di fluidi rispetto ad una strategia liberale.
L’assistenza infermieristica all’anziano in RSA
Irene Dell’Amico
All’inizio del dicembre 2019 si sono verificate nella provincia dell’Hubei, in Cina, una serie di polmoniti di origini sconosciuta. Dopo numerosi studi, è stata identificata una sindrome respiratoria acuta da Sars-Cov-2 soprannominata in seguito Covid-19 (Yuen, 2020). L’infezione si manifesta con vari sintomi di gravità differente, tra i più comuni si ritrovano: febbre, tosse secca e insufficienza respiratoria ma anche cefalea, dolori muscolari, disturbi gastrointestinali quali nausea, emesi e diarrea, ageusia e anosmia (Lovato, 2020). La pandemia ha messo a dura prova il sistema sanitario nazionale e il lavoro dei sanitari all’interno degli ospedali e sul territorio. Le residenze sanitarie assistenziali, o RSA, sono risultate luoghi particolarmente a rischio a causa dell’età avanzata dei residenti e delle comorbilità ma anche a causa delle problematiche di ricerca e isolamento dei casi al loro interno favorendo una diffusione veloce e incontrollata del virus (Davidson, 2020; McGilton, 2020). L’infermiere all’interno delle RSA ha dovuto adattare il proprio lavoro con l’evolversi della pandemia. Si è occupato di proteggere i propri ospiti, cercando di mantenere insieme agli altri operatori presenti in struttura un clima il più possibile sereno nonostante il lockdown e le paure. Ha aggiunto alle sue attività di assistenza infermieristica le attività di screening effettuando test sierologici rapidi e tamponi nasofaringei in stretta collaborazione con il dipartimento di prevenzione, le U.S.C.A. e i medici di medicina generale. Dato che si tratta di una malattia di nuova insorgenza e dagli esiti spesso infausti soprattutto nelle persone anziane e facilmente mutabili nel tempo, l’assistenza infermieristica all’interno delle RSA è stata costantemente adattata e rimodulata seguendo i protocolli della USL di competenza e le ordinanze regionali e ministeriali.
Trasporto del paziente positivo al Sars-CoV-2: revisione della letteratura scientifica
Tommaso Galeazzi
Il Sars-CoV-2 è un virus respiratorio appartenente alla grande famiglia dei coronavirus (CoV); questi possono rendersi responsabili di diverse patologie di entità variabile: dal comune raffreddore a sindromi respiratorie più serie come la MERS (sindrome respiratoria mediorientale, Middle east respiratory syndrome) e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave, Severe acute respiratory syndrome). Questo studio è stato intrapreso per osservare le modalità di trasporto in mezzi di soccorso e non dei pazienti positivi al Sars-CoV-2 attraverso una revisione della letteratura scientifica sul database PubMed. I risultati della revisione evidenziano l’importanza della messa in sicurezza sia degli ambienti di lavoro, in questo caso mezzi di soccorso o di trasporto, sia del vestiario lavorativo. Anche le ambulanze devono avere dei requisiti minimi per garantire la sicurezza degli operatori che operano per il trasporto e il trasferimento di pazienti positivi al Sars-CoV-2. La disinfezione riveste un ruolo cruciale nel trasporto di un paziente positivo al Sars-CoV-2 in quanto consente, attraverso l’utilizzo di prodotti come l’ipoclorito di sodio o l’etanolo, l’eliminazione del virus sulle superfici.
Soddisfazione per il lavoro e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il primo lockdown
Matteo Makowiecki, Chiara Medici, Noemi Battaglioni, Chiara Bengala, Valentina Ungaretti, Leonardo Urbani, Matteo Cecchi, Marta Arzilli, Michela Maielli e Sergio Ardis
L’Italia è stato uno dei paesi più colpiti dal SARS-CoV-2 e durante l’epidemia il sistema sanitario ha subito un elevato stress. Il lockdown imposto alla popolazione ha bloccato l’economia italiana e ha dato inizio a una crisi che avrà impatto sul sistema sanitario e sull’economia del paese.
Questo studio confronta livelli di benessere soggettivo dei professionisti sanitari prima e durante il periodo più critico di lockdown, quando l’Italia è stata il primo paese del mondo per numero di infezioni.
Il benessere soggettivo è stato misurato attraverso il benessere emotivo, la soddisfazione per il lavoro, la felicità globale e la soddisfazione per la vita. Ciascuna misura è stata confrontata prima e dopo l’epidemia così come tra i sottogruppi di intervistati.
È stata data una particolare attenzione alle disuguaglianze di livello professionale, genere e livello di istruzione oltre che al loro effetto sul benessere soggettivo.
Lo studio ha rilevato che mentre il benessere emotivo ha avuto una leggera diminuzione, le altre misure sono rimaste invariate e la soddisfazione per il lavoro è aumentata durante il periodo di lockdown.
Le attuali differenze di benessere basate sulle disuguaglianze di livello professionale ed educativo sono state eliminate una volta che i professionisti stavano combattendo l’epidemia di SARS-CoV-2. La diminuzione delle disuguaglianze e l’aumento della soddisfazione per il lavoro possono essere fortemente correlate a una nuova fiducia nei professionisti sanitari, a un’alta gratitudine dalla popolazione e un sentimento di realizzazione e significato come descrive il modello PERMA.
I risultati di questo studio dovrebbero aiutare le organizzazioni sanitarie a mantenere le disuguaglianze basse e le altre organizzazioni ad applicare tali apprendimenti nella loro struttura.
L’empatia degli studenti di infermieristica durante la pandemia
Leonardo Urbani, Giulia Guidi, Valentina Ungaretti, Luca Riccioli e Michela Maielli, Sergio Ardis
In questo studio è stato esaminato un campione di studenti italiani di scienze infermieristiche, focalizzando l’attenzione sui loro livelli di empatia, misurati tramite due scale, il Toronto Empathy Questionaire e la Balanced Emotional Empathy Scale. Non è stato osservato un calo di empatia tra gli studenti dei tre anni di corso, come viene descritto in letteratura, ma confrontando i dati di questo studio con quelli di un recente studio italiano (Scipioni, 2019), è emersa una differenza statisticamente significativa tra i livelli di empatia degli studenti dei primi due anni ma non tra quelli del terzo. Il lockdown potrebbe aver provocato un calo di empatia soprattutto negli studenti dei primi due anni. Questi dati potrebbero essere una base di partenza per approfondire il fenomeno ed eventualmente osservare se gli effetti si protraggano nel tempo, sia per i futuri studenti sia per quelli odierni che progrediranno nel loro percorso fino all’ingresso nel sistema sanitario italiano.
Chi è empatico non sorride più degli altri: studio cross-sectional durante il lockdown
Luca Riccioli, Giulia Guidi, Valentina Ungaretti, Leonardo Urbani, Veronica D’Elia, Michela Maielli, Sergio Ardis
Lo scopo del presente studio era di esplorare l’eventuale correlazione tra frequenza dei sorrisi ed empatia nei sanitari. Lo studio è stato condotto con una survey nazionale durante il mese in cui l’Italia ha fermato le attività per controllare la prima ondata pandemica. Il campione studiato era composto da 614 sanitari reclutati sul territorio nazionale. Ai partecipanti sono state somministrate due scale di empatia e una scala per la misurazione del benessere emotivo. La frequenza dei sorrisi è stata dedotta da un item di una scala per la misurazione del benessere emotivo.
Nel campione studiato la maggiore frequenza dei sorrisi non è risultata associata a maggiori livelli di empatia.
La resilienza dei sanitari nella prima ondata epidemica
Chiara Medici, Marta Arzilli, Veronica D’Elia, Irene Dell’Amico, Sara Macchiarini, Giulia Guidi, Michela Maielli, Sergio Ardis
L’Italia è stata una delle nazioni più profondamente colpite dalla pandemia da SARS-CoV-2 e conseguentemente a marzo 2020 è stato necessario istituire un lockdown generale. Il Sistema Sanitario Nazionale e tutti i professionisti sanitari sono stati messi a dura prova e sotto un notevole stress. La resilienza è un fattore protettivo per lo stress.
L’obiettivo di questo studio era misurare i valori del costrutto resilienza e le correlazioni con le dimensioni del benessere soggettivo nei sanitari italiani. L’indagine è stata eseguita dal 28 marzo al 27 aprile 2020 nell’imminenza della fine del lockdown. La popolazione studiata era costituita da 614 sanitari distribuiti su tutto il territorio nazionale; 162 di questi erano maschi mentre 452 erano femmine.
Le scale utilizzate per la realizzazione del questionario erano la scala che misura il benessere emotivo (BE) che comprende la misura dei positive affect (PA) e dei negative affect (NA), la scala che misura la felicità globale (FG), la soddisfazione per la vita (SpV), la soddisfazione per il lavoro (SpL) ed infine quella che misura la resilienza (R).
Lo studio ha dimostrato l’associazione tra resilienza e benessere soggettivo dei sanitari italiani durante il lockdown. Al tempo stesso è emersa una disuguaglianza nei punteggi di resilienza tra chi possiede una laurea di tre, cinque o più anni e chi possiede un diploma di scuola media inferiore o superiore.
La resilienza nel nostro studio è risultata correlata a tutte le dimensioni positive di benessere dei sanitari e le dimensioni “senso della vita” e “consapevolezza di sé” sono risultate elementi chiave di questo effetto.
La resilienza dei futuri infermieri durante il lockdown
Marta Arzilli, Chiara Medici, Veronica D’Elia, Irene Dell’Amico, Sara Macchiarini, Giulia Guidi, Michela Maielli,Sergio Ardis
Il momento critico determinato dal lockdown potrebbe aver avuto un impatto consistente sugli studenti infermieri. La resilienza è un fattore di protezione individuale per superare senza danno tali eventi avversi.
Il presente studio ha misurato la resilienza durante il lockdown ed ha valutato le correlazioni del costrutto multidimensionale con le dimensioni di benessere soggettivo.
L’analisi delle varie dimensioni di resilienza ha permesso di individuare nella popolazione studiata la maggiore rilevanza per le dimensioni “senso della vita” e “consapevolezza di sé”.
Speranza e gratitudine negli studenti italiani di infermieristica al tempo del coronavirus
Matteo Cecchi, Matteo Makowiecki, Emanuele Antonio Corvino, Michela Maielli, Veronica D’Elia, Sergio Ardis
Gli studenti infermieri hanno la peculiarità di dover completare un curriculum accademico fortemente improntato sulla pratica. L’impossibilità di frequentare tirocini pratici durante il primo lockdown ha pesato molto sulla psiche e per numerosi studenti si è unita al senso di frustrazione per non poter essere utili in ospedale nel momento in cui ce n’era più bisogno. Il lockdown ha quindi esposto gli studenti infermieri ad un rischio di perdita di benessere soggettivo. Questo studio ha misurato i livelli di gratitudine e di speranza come possibili fattori positivi in grado di aumentare i livelli di benessere soggettivo degli studenti infermieri durante il lockdown.
Lo studio ha rilevato che speranza e gratitudine sono positivamente correlate al benessere soggettivo degli studenti infermieri italiani. In particolare, è ragionevole supporre che speranza e gratitudine abbiano impedito o attenuato la perdita di benessere soggettivo in alcuni studenti durante il lockdown. È emerso inoltre che le studentesse hanno livelli maggiori di gratitudine rispetto alla loro controparte maschile, risultato in linea con altri già presenti in letteratura scientifica.
I dati raccolti da questo studio possono rappresentare quindi un database in progress per il monitoraggio delle dimensioni citate in un prossimo futuro e in un futuro in cui questa pandemia sarà ormai un ricordo.
Trasmissione delle infezioni nelle pratiche assistenziali e strategie di prevenzione
Moreno Marcucci
Per descrivere e analizzare nel dettaglio la serie di processi che portano alla trasmissione delle infezioni da un organismo vivente a un altro, viene solitamente utilizzata la metafora della catena, “mezzo di collegamento e di unione fatto di più anelli di ferro o d’altro metallo passati l’uno dentro l’altro, che serve per tener saldamente legate cose, animali, persone…” (Vocabolario Treccani). Una serie distinta di elementi, azioni e condizioni rappresentano gli anelli di una catena necessari al passaggio di un microrganismo patogeno tra un individuo che già ne è portatore a uno o più individui fino a quel momento indenni. In questo capitolo prenderemo in esame i possibili modi con cui “spezzare” i vari anelli della catena di trasmissione al fine di combattere le infezioni. A titolo esemplificativo ricorderemo anche malattie ed agenti infettivi non propriamente tipici delle infezioni correlate all’assistenza ma la cui citazione può essere un utile pro memoria per il bagaglio delle conoscenze professionali.
Il sistema immunitario comportamentale: come funziona il nostro cervello nella difesa dalle infezioni durante la pandemia
Sergio Ardis, Michelangelo Bacci, Moreno Marcucci
In questo capitolo finale del libro analizzeremo il sistema immunitario comportamentale che è un “pacchetto” di meccanismi psicologici in grado di individuare la presenza di agenti patogeni infettivi nell’ambiente circostante, evocare risposte cognitive ed emotive pertinenti e di conseguenza facilitare comportamenti evitativi nei confronti degli agenti patogeni infettivi.
Si tratta di un complesso comportamentale che è fortemente legato al sistema limbico e governato dal disgusto.
È un sistema ad alta sensibilità e bassa specificità, quindi produce errori di tipo “falsi positivi”. Proprio in virtù di tale caratteristica, nel produrre comportamenti evitativi per le infezioni può generare discriminazione.
In presenza di una pandemia i falsi positivi sono aumentati dal contesto, ma possono comunque essere presenti altri meccanismi psichici che lo rendono inefficace.