Il Meeting Nazionale del Gruppo Italiano Felicità e Salute Positiva è stato un’esperienza unica nel nostro Paese. Le altre associazioni e società scientifiche hanno realizzato meeting online, ma pensati nel vecchio modo: una o più giornate consecutive di incontri. Il nostro è stato invece costruito per sfruttare al massimo le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e si è protratto per un anno. I contributi che sono giunti in questo secondo volume completano gli obiettivi culturali che ci siamo posti in modo dinamico. Alcuni contributi sulla guerra, purtroppo, sono una novità inattesa e i contributi sulla gentilezza completano un’idea avuta in corso d’opera: la Giornata della gentilezza.
Con questo volume possiamo concludere il percorso che abbiamo pensato all’inizio e dire: punto accapo.
Di seguito riportiamo il titolo, gli autori dei paper e l’abstract. Il contenuto dei paper è disponibile nella versione cartacea o elettronica del libro.
La gratitudine nella popolazione fibromialgica: studio cross-sectional sulla popolazione italiana
Michelangelo Bacci, Sergio Ardis, Veronica D’Elia, Giulia Guidi, Giulia Gemignani, Matteo Fantozzi1, Michela Maielli.
Il presente studio è stato realizzato con lo scopo di studiare le correlazioni tra gratitudine e sintomatologia fibromialgica. Lo studio è stato disegnato come studio cross-sectional. Una survey nazionale ha permesso di includere nello studio 204 pazienti fibromialgici (solo 4 maschi). Al campione sono state somministrate una scala di gratitudine e una scala per la valutazione dei sintomi. I risultati hanno evidenziato una correlazione negativa tra gratitudine e punteggi alla scala diagnostica di malattia. In particolare la gratitudine è risultata correlata negativamente sia all’Indice di diffusione dei sintomi che alla Severità dei sintomi.
Gratitudine e speranza nei sanitari durante i primi due anni di pandemia: longitudinal ecological study
Valerio Martinucci, Virginia Giannini Pieroni, Ilenia Bernardini, Veronica D’Elia, Giulia Genignani, Vanessa Angelini, Matteo Fantozzi, Michela Maielli, Sergio Ardis.
Lo scopo dello studio era quello di confrontare i livelli di speranza e gratitudine misurati durante il primo lockdown del 2020 e a un anno di distanza nel 2021, nei sanitari italiani. Per raggiungerlo è stato scelto come disegno di studio il longitudinal ecological study. La gratitudine è stata misurata mediante il Gratitude Questionnaire-6 (GQ6) e la speranza mediante l’Herth Hope Index (HHI). Le misurazioni sono state effettuate per ogni sottogruppo dei partecipanti allo studio divisi per: sesso, macroregione di appartenenza, titolo di studio, lavoro presso reparto covid, positività al virus e vaccinazione. Lo studio ha evidenziato un sostanziale mantenimento dei livelli di gratitudine e una riduzione dei livelli di speranza tra il primo e il secondo anno di valutazione. Nell’articolo vengono ipotizzate possibili spiegazioni dei risultati.
La gentilezza nelle organizzazioni aziendali
Matteo Makowiecki
La gentilezza è stata studiata in diversi ambiti e definita sia a livello psicologico che etico e utilitaristico. Gli effetti della gentilezza nell’ambiente di lavoro sono stati studiati solo recentemente, ma sono stati reputati positivi da tutti gli studi disponibili. La presenza di comportamenti di gentilezza sia tra colleghi che da parte delle risorse umane o della leadership aziendale ha portato ad un migliore stato emotivo dei dipendenti, a un maggiore senso di appartenenza a una comunità e a migliori performance individuali. La creazione di una cultura aziendale che promuove la gentilezza rimane difficile a causa del bisogno di coinvolgere tutti i dipendenti e di dare esempi soprattutto dall’alto che non sempre sono presenti. Questo articolo definisce i lati positivi derivanti da comportamenti di gentilezza nelle aziende e definisce come l’inclusione della gentilezza nei codici etici delle aziende, insieme ad una migliore implementazione di questi codici, possa portare a una performance migliore dell’azienda e dei singoli dipendenti.
Tradizione e modernità del dibattito intorno al diritto alla felicità
Nicola D’Anza
Esiste un antico e appassionato dibattito intorno alla dimensione giuridica della felicità e alla possibilità che questa possa formare il contenuto di un vero e proprio diritto soggettivo. Le principali difficoltà originano dalla indeterminatezza e vaghezza che caratterizzano la stessa parola felicità e dalla molteplicità di significati che essa ha assunto con il passare del tempo e nelle diverse correnti di pensiero. Il concetto di felicità appare come inafferrabile ed evanescente, difficilmente misurabile e quantificabile, ragion per cui spesso le scienze, che negli ultimi decenni maggiormente si sono ad esso accostate, tendono a operare attraverso categorie diverse. Del resto, spesso i concetti tendono a sovrapporsi e a intersecarsi. Ciò è ad esempio evidente nel caso della nota definizione di salute contenuta nella Costituzione dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo la quale essa consisterebbe in uno «état de complet bien-être physique, mental et social, et ne consiste pas seulement en une absence de maladie ou d’infirmité» (Constitution de l’Organisation mondiale de la santé, préambule). In quest’ottica, ben difficilmente si potranno perimetrare e distinguere i concetti di felicità, salute e benessere. Il concetto di felicità, oltre alla sua natura polisemica, si caratterizza inoltre per un’accentuata “trasversalità”, resistendo a qualunque tentativo di confinarla in specifici ambiti settoriali. Per altro verso, come si dirà, appare evidente come nel tempo sia stata progressivamente abbandonata la sua dimensione sociale e intersoggettiva in direzione di una caratterizzazione maggiormente individualistica e utilitaristica.
Gentilezza: un salvagente nel mare della sofferenza
Veronica D’Elia, Sergio Ardis
La gentilezza è un costrutto giovane della famiglia della psicologia positiva, motivo per cui ne esistono poche definizioni. Schopenhauer nel 1840 cercò di definirlo come una virtù e una parte integrante dell’etica, autori più moderni la considerano come una componente della natura umana, come un tipo di comportamento caratterizzato da atti di generosità, considerazione e preoccupazione per gli altri senza la necessità di aspettarsi qualcosa in cambio. La gentilezza ha diverse sfaccettature e si evolve insieme alla persona durante la sua crescita, rappresentando un approccio positivo nei confronti della vita. La gentilezza non ha limiti e va al di là dei confini fisici e concettuali. C’è chi la considera come formata da tre componenti: emozioni gentili, cognizioni gentili e comportamenti gentili (Malti, 2020). Altri ne individuano sei tipi (Berry, 2017) finendo per considerarla come un salvagente nel mare della sofferenza. Fryburg (2022) ha raccolto nella sua review degli atti che permettono di promuovere la gentilezza e che generano in una popolazione una forte coesione sociale e un rispetto reciproco. Numerosi studi hanno dimostrato l’influenza della gentilezza sulla soddisfazione per la vita, sul benessere e sulla gratitudine. Studi in cui la gentilezza è stata misurata attraverso i quattro item della subscala della gentilezza della scala VIA.
La salute positiva nella fibromialgia: indagine di medicina narrativa
Greta Casciotti, Patrizia Monaco, Veronica D’Elia, Michela Maielli, Michelangelo Bacci, Sergio Ardis
Lo scopo del presente studio era individuare dimensioni componenti il vissuto delle persone fibromialgiche e individuare dimensioni di salute positiva influenti. Per raggiungere lo scopo è stato utilizzato uno studio qualitativo di medicina narrativa utilizzando il metodo Giorgi per l’analisi dei testi. Con lo studio dei testi sono state individuate otto aree tematiche, che ricorrevano in modo simile nelle testimonianze: dolore, storia di disagio o traumi, depressione e uso di psicofarmaci, sintomi di accompagnamento e comorbilità, ritardo e difficoltà della diagnosi, miglioramento dopo la diagnosi, gratitudine e, infine, speranza. Sono state discusse le connessioni e individuati elementi intermedi influenti inseriti nel vissuto narrato.
La paura della morte e del morire negli studenti del terzo anno del corso di laurea in infermieristica: studio narrativo
Virginia Giannini Pieroni, Patrizia Monaco, Valerio Martinucci, Veronica D’Elia, Giulia Gemignani, Michela Maielli, Michelangelo Bacci, Sergio Ardis
Ogni morte genera nell’essere umano una fenomenologia di perdita dolorosa, ovvero un processo luttuoso. Gli infermieri vengono messi di fronte alla morte sin dal primo anno di studi e quindi devono imparare a confrontarsi con essa e con la fenomenologia del morire. Il presente studio nasce con l’obiettivo di acquisire conoscenze sul vissuto della morte e del morire negli studenti iscritti al terzo anno di Infermieristica all’Università di Pisa in epoca pandemica. Attraverso la redazione di un racconto scritto, faremo luce su cosa pensano relativamente alla propria morte, alla morte altrui, al proprio fine vita e al fine vita altrui. I testi oggetto di studio sono stati raccolti nel primo semestre dell’A.A. 2020-2021 tramite un form online dove veniva dato come incipit per l’elaborazione “La prima volta che ho visto una persona morire”. Sono state raccolte un totale di 38 testimonianze, ma ne sono state analizzate solo 32; sono stati esclusi i testi di 5 studenti che non avevano dato il consenso ed anche il testo della candidata. Il quesito che è stato posto agli studenti per la redazione dell’elaborato era relativo alla prima e personale esperienza legata al decesso di una persona. Alcuni di essi erano relativi alla morte di una persona cara, altri alla morte di un paziente. Grazie al metodo Giorgi, abbiamo potuto individuare 7 aree tematiche frequenti che si ripetevano all’interno di entrambi i sottogruppi. Sul totale di 32 testimonianze, 24 raccontavano le emozioni relative alla morte di un paziente e 8 le emozioni relative alla morte di una persona cara. I dati qualitativi ci mostrano una risposta luttuosa normale per la morte di una persona cara, mentre ci danno un quadro frequente di sofferenza quando gli studenti vivono questo evento come morte di un paziente. Alla luce delle conoscenze apportate dallo studio potrebbero essere proposti dei training di preparazione alla morte che mirino ad ottenere una risposta resiliente all’evento.
Una malattia per la vita. L’esperienza della disperazione nella malattia cronica alla luce del pensiero di Kierkegaard
Lucia Libondi
In questo scritto ci si propone di rileggere, alla luce di alcune riflessioni proposte dal filosofo danese Kierkegaard, quel peculiare tipo di esperienza esistenziale quale è la convivenza con una malattia cronica invalidante. Verranno messe a confronto l’esperienza della malattia con quella della disperazione come disagio esistenziale descritta da Kierkegaard. Verranno quindi analizzate le conseguenze dei due disagi nella dimensione pratica e i risvolti di questi cambiamenti sulla volontà dell’individuo. In particolare mi riferirò a una malattia neuro-immune di cui non sono ancora conosciute le cause e la cura, e che si stima affligga dai 17 ai 30 milioni di persone al mondo: l’encefalomielite mialgica o sindrome da fatica cronica (ME/CFS). Il caso della ME/CFS sembra particolarmente interessante, all’interno dell’ampio insieme di disturbi cronici esistenti, perché le condizioni di vita delle persone affette dalla patologia nella loro descrizione sono del tutto simili all’esperienza esistenziale della disperazione così come descritta da Kierkegaard. Il filosofo danese indica la disperazione come occasione di operare il grande salto tra lo stile di vita estetico e quello etico, occasione quindi di migliorare la qualità della propria esistenza. A partire dal punto di vista di Kierkegaard, si metteranno in luce i cambiamenti che la patologia introduce nella quotidianità dei malati e si cercherà di dimostrare che anch’essa può essere interpretata come occasione di miglioramento, se non altro, a livello esistenziale. Vedremo come le circostanze imposte dalla malattia possano avere il felice esito che può avere la disperazione per il filosofo, se affrontata in modo costruttivo, ovvero quello di portare l’individuo a scegliere il se stesso più autentico. Si potrebbe dire che la malattia forzi la disperazione a emergere al punto che, come dice il Wilhem di Kierkegaard, ci si trova a un bivio «cosicché non ci sia altra via d’uscita che lo scegliere».
La bellezza della cura: metodo di formazione e ascolto attivo
Silvana Kuhtz
Leggere a voce alta e ascoltare questa forma di musica significante è una scoperta di sé e degli altri, è essenziale come respirare. Le parole hanno un valore espressivo e curativo, aiutano a fare ordine e a prendere il controllo in situazioni fuori dal nostro controllo. Ascoltare, leggere a voce alta ha forti impatti sulla salute dei pazienti in strutture sanitarie di vario genere. In questo articolo si descrivono alcune esperienze del metodo “La bellezza della cura”, che è un metodo di formazione ECM per le asl (in particolare la ASL Bari) che usa poesia e musica nei giorni di lezione. Viste le difficoltà sorte durante la pandemia è diventato un metodo che attinge a tutto un archivio audio ricco di tracce in italiano e in francese, cui chiunque può accedere gratuitamente, nato specificamente durante il lockdown. Le tracce sono state preparate e registrate opportunamente da professionisti della parola detta a voce alta.
Il mare nelle narrazioni autobiografiche pandemiche degli adolescenti
Andrea Tarantino, Francesco Bearzi
In alcune narrazioni autobiografiche pandemiche adolescenziali, fecondamente correlabili con le evidenze restituite da altri strumenti etnografici, emerge la presenza del mare come paradigma esperienziale e metaforico della trasformazione. Quanto vissuto a contatto con il mare, con tutto il proprio essere, è stato riscoperto da questi adolescenti in regime di quarantena come modello della pienezza della tanto agognata libertà. Il mare, inoltre, ricorre nei racconti e nei diari autobiografici come metafora dell’immersione nelle insondabili profondità della psiche e nelle “ulteriorità” dove si fondono i Sé possibili e l’Altro, per rappresentare gli straordinari processi introspettivi attivati in molti adolescenti dalla situazione pandemica, soprattutto durante il lockdown. La contemplazione del mare, concretamente sperimentata e al tempo stesso paradigma metaforico di consimili esperienze, tende infine, in alcune narrazioni autobiografiche, a compendiare tutte le pratiche di immersione nella natura spontaneamente agite nel corso della propria esistenza, orientando verso modalità di funzionamento dell’organismo secondo “relazionalità ecosistemica”.
Difficoltà adolescenziali nelle diverse fasi pandemiche a confronto: un focus group
Francesco Bearzi
Per comprendere l’esperienza pandemica adolescenziale è essenziale apprezzarne l’articolazione in diverse fasi, caratterizzate da peculiari criticità e opportunità evolutive. In un focus group realizzato nel dicembre 2021, con la partecipazione di 48 studenti liceali (16-19 anni), articolati in quattro distinti gruppi classe, si sono confrontate le difficoltà affrontate nel corso della “prima fase pandemica” ‒ lockdown totale, inizio marzo-inizio giugno 2020 ‒ e della “seconda” ‒ anno scolastico seguente, metà settembre 2020-inizio giugno 2021. Risulta confermato e approfondito il quadro sempre più chiaramente delineato dall’utilizzo di vari strumenti di ricerca, specie etnografici. Una minoranza di adolescenti riferisce vissuti particolarmente critici nella prima fase, che molti invece considerano uno straordinario, benché sofferto, détournement. La stessa concezione dell’esistenza stimolata dalla pandemia presenta notevoli punti di forza, da valorizzare, come richiesto dall’Unesco, in termini di re-immaginazione di futuri equi, pacifici e sostenibili. Riemergono infine, in questi focus group, i ruoli profondamente divergenti esercitati dal sistema educativo nelle due fasi, invitando a riflessioni strutturali sull’imprescindibilità di modelli organizzativi autenticamente cooperativi e democratici, incentrati sulla pienezza della relazione educativa.
La concezione della vita tra pandemia e guerra: un focus group con gli adolescenti
Francesco Bearzi,Laura Usai
Nella cornice della sfida della sostenibilità, la pandemia e l’invasione dell’Ucraina trasformano in profondità la concezione della vita e l’immaginazione del futuro. Mediante due focus group, inizio aprile 2022, 14 e 10 partecipanti, età 17-18 anni, si è indagato l’effetto combinatorio e differenziale dell’esposizione ai due processi. Ne risulta il notevole livello di elaborazione del vissuto pandemico, interpretato in termini convergenti con quanto restituito da vari strumenti etnografici. Alle sofferte vicissitudini si tende ad attribuire un valore fortemente evolutivo, con particolare riferimento al lockdown iniziale. Dal più recente confronto con la guerra tende invece ad emergere un dominio esperienziale più complesso, sfuggente e subliminale. Pur confermandosi le generative dinamiche di profonda compartecipazione del vissuto degli adolescenti ucraini inizialmente sperimentate attraverso i social network, si evidenzia un progressivo distacco dal conflitto, da interpretarsi come efficace strategia difensiva funzionale al mantenimento di un ottimale equilibrio psichico e alla pienezza della presenza nell’hic et nunc. La guerra, pur continuando ad impegnare energie, soprattutto a livello inconscio, aleggia in una dimensione mediata e sospesa, rispondente alla natura di un’esperienza individuale e di gruppo per lo più indiretta. Secondo questi adolescenti, la pandemia ha magistralmente insegnato, la guerra semplicemente chiosato, la fragilità dell’esistenza e l’incertezza del futuro. Ciò induce a vivere pienamente ogni attimo, conoscendosi nel profondo e coltivando relazioni autentiche. Appare essenziale valorizzare una tale sempre più sentita filosofia in termini educativi, in sinergia con la consapevolezza dell’imprescindibilità della costruzione di futuri pacifici, equi e sostenibili, decisamente più radicata nella Generazione Z che nel resto della società.
Quando la guerra si fa esperienza. Costruire la peace education con gli adolescenti
Francesco Bearzi, Pier Paolo Tarsi,
Come emerge da strumenti etnografici, sin dal momento dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa (24 febbraio 2022), il conflitto ha costituito per gli adolescenti italiani una dolorosa quanto trasformativa opportunità di peace education. La valorizzazione di un tale potenziale educativo richiede primariamente il confronto con la prospettiva dell’apprendimento esperienziale e della embodied cognition, incontrando i processi spontaneamente attivatisi nella semiosfera adolescenziale. L’agentività della re-immaginazione di «futuri equi, pacifici e sostenibili», nel contesto di un nuovo patto sociale intergenerazionale (ICFE, 2021), rischia però di subire un grave depotenziamento se gli adolescenti non recupereranno fiducia nelle capacità rigenerative dei processi politici operanti negli stessi ordinamenti liberaldemocratici; se, inoltre, i sistemi educativi non promuoveranno contesti organizzativi autenticamente cooperativi e democratici, in controtendenza con quanto sta avvenendo nel nostro Paese.
Di seguito pubblichiamo titolo e autori dei contributi presentati per solo abstract:
Mancanza di gentilezza nelle relazioni lavorative: effetti psicologici, neurologici e sociali
Sabrina Bonino, Davide Filippi
Benessere, società e virus
Sabrina Bonino, Davide Filippi
Ospedale Evangelico Internazionale (OEI) di Genova
Marinella Fulgheri, Alessio Parodi, Barbara Oliveri Caviglia
Influenza della pandemia sulla paura della morte e del morire degli studenti di infermieristica: studio cross-sectional
Sergio Ardis, Virginia Giannini Pieroni, Valerio Martinucci, Veronica D'Elia, Michela Maielli, Dragos Constantin Gavriliu, Michelangelo Bacci, Patrizia Monaco
La gratuità della gentilezza
Valerio Spadone
Motivazione – work engagement e psicologia positiva
Giancarlo Martinelli
La gentilezza nelle istituzioni e nei sistemi per la salute
Erio Ziglio
Con questo volume possiamo concludere il percorso che abbiamo pensato all’inizio e dire: punto accapo.
Di seguito riportiamo il titolo, gli autori dei paper e l’abstract. Il contenuto dei paper è disponibile nella versione cartacea o elettronica del libro.
La gratitudine nella popolazione fibromialgica: studio cross-sectional sulla popolazione italiana
Michelangelo Bacci, Sergio Ardis, Veronica D’Elia, Giulia Guidi, Giulia Gemignani, Matteo Fantozzi1, Michela Maielli.
Il presente studio è stato realizzato con lo scopo di studiare le correlazioni tra gratitudine e sintomatologia fibromialgica. Lo studio è stato disegnato come studio cross-sectional. Una survey nazionale ha permesso di includere nello studio 204 pazienti fibromialgici (solo 4 maschi). Al campione sono state somministrate una scala di gratitudine e una scala per la valutazione dei sintomi. I risultati hanno evidenziato una correlazione negativa tra gratitudine e punteggi alla scala diagnostica di malattia. In particolare la gratitudine è risultata correlata negativamente sia all’Indice di diffusione dei sintomi che alla Severità dei sintomi.
Gratitudine e speranza nei sanitari durante i primi due anni di pandemia: longitudinal ecological study
Valerio Martinucci, Virginia Giannini Pieroni, Ilenia Bernardini, Veronica D’Elia, Giulia Genignani, Vanessa Angelini, Matteo Fantozzi, Michela Maielli, Sergio Ardis.
Lo scopo dello studio era quello di confrontare i livelli di speranza e gratitudine misurati durante il primo lockdown del 2020 e a un anno di distanza nel 2021, nei sanitari italiani. Per raggiungerlo è stato scelto come disegno di studio il longitudinal ecological study. La gratitudine è stata misurata mediante il Gratitude Questionnaire-6 (GQ6) e la speranza mediante l’Herth Hope Index (HHI). Le misurazioni sono state effettuate per ogni sottogruppo dei partecipanti allo studio divisi per: sesso, macroregione di appartenenza, titolo di studio, lavoro presso reparto covid, positività al virus e vaccinazione. Lo studio ha evidenziato un sostanziale mantenimento dei livelli di gratitudine e una riduzione dei livelli di speranza tra il primo e il secondo anno di valutazione. Nell’articolo vengono ipotizzate possibili spiegazioni dei risultati.
La gentilezza nelle organizzazioni aziendali
Matteo Makowiecki
La gentilezza è stata studiata in diversi ambiti e definita sia a livello psicologico che etico e utilitaristico. Gli effetti della gentilezza nell’ambiente di lavoro sono stati studiati solo recentemente, ma sono stati reputati positivi da tutti gli studi disponibili. La presenza di comportamenti di gentilezza sia tra colleghi che da parte delle risorse umane o della leadership aziendale ha portato ad un migliore stato emotivo dei dipendenti, a un maggiore senso di appartenenza a una comunità e a migliori performance individuali. La creazione di una cultura aziendale che promuove la gentilezza rimane difficile a causa del bisogno di coinvolgere tutti i dipendenti e di dare esempi soprattutto dall’alto che non sempre sono presenti. Questo articolo definisce i lati positivi derivanti da comportamenti di gentilezza nelle aziende e definisce come l’inclusione della gentilezza nei codici etici delle aziende, insieme ad una migliore implementazione di questi codici, possa portare a una performance migliore dell’azienda e dei singoli dipendenti.
Tradizione e modernità del dibattito intorno al diritto alla felicità
Nicola D’Anza
Esiste un antico e appassionato dibattito intorno alla dimensione giuridica della felicità e alla possibilità che questa possa formare il contenuto di un vero e proprio diritto soggettivo. Le principali difficoltà originano dalla indeterminatezza e vaghezza che caratterizzano la stessa parola felicità e dalla molteplicità di significati che essa ha assunto con il passare del tempo e nelle diverse correnti di pensiero. Il concetto di felicità appare come inafferrabile ed evanescente, difficilmente misurabile e quantificabile, ragion per cui spesso le scienze, che negli ultimi decenni maggiormente si sono ad esso accostate, tendono a operare attraverso categorie diverse. Del resto, spesso i concetti tendono a sovrapporsi e a intersecarsi. Ciò è ad esempio evidente nel caso della nota definizione di salute contenuta nella Costituzione dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo la quale essa consisterebbe in uno «état de complet bien-être physique, mental et social, et ne consiste pas seulement en une absence de maladie ou d’infirmité» (Constitution de l’Organisation mondiale de la santé, préambule). In quest’ottica, ben difficilmente si potranno perimetrare e distinguere i concetti di felicità, salute e benessere. Il concetto di felicità, oltre alla sua natura polisemica, si caratterizza inoltre per un’accentuata “trasversalità”, resistendo a qualunque tentativo di confinarla in specifici ambiti settoriali. Per altro verso, come si dirà, appare evidente come nel tempo sia stata progressivamente abbandonata la sua dimensione sociale e intersoggettiva in direzione di una caratterizzazione maggiormente individualistica e utilitaristica.
Gentilezza: un salvagente nel mare della sofferenza
Veronica D’Elia, Sergio Ardis
La gentilezza è un costrutto giovane della famiglia della psicologia positiva, motivo per cui ne esistono poche definizioni. Schopenhauer nel 1840 cercò di definirlo come una virtù e una parte integrante dell’etica, autori più moderni la considerano come una componente della natura umana, come un tipo di comportamento caratterizzato da atti di generosità, considerazione e preoccupazione per gli altri senza la necessità di aspettarsi qualcosa in cambio. La gentilezza ha diverse sfaccettature e si evolve insieme alla persona durante la sua crescita, rappresentando un approccio positivo nei confronti della vita. La gentilezza non ha limiti e va al di là dei confini fisici e concettuali. C’è chi la considera come formata da tre componenti: emozioni gentili, cognizioni gentili e comportamenti gentili (Malti, 2020). Altri ne individuano sei tipi (Berry, 2017) finendo per considerarla come un salvagente nel mare della sofferenza. Fryburg (2022) ha raccolto nella sua review degli atti che permettono di promuovere la gentilezza e che generano in una popolazione una forte coesione sociale e un rispetto reciproco. Numerosi studi hanno dimostrato l’influenza della gentilezza sulla soddisfazione per la vita, sul benessere e sulla gratitudine. Studi in cui la gentilezza è stata misurata attraverso i quattro item della subscala della gentilezza della scala VIA.
La salute positiva nella fibromialgia: indagine di medicina narrativa
Greta Casciotti, Patrizia Monaco, Veronica D’Elia, Michela Maielli, Michelangelo Bacci, Sergio Ardis
Lo scopo del presente studio era individuare dimensioni componenti il vissuto delle persone fibromialgiche e individuare dimensioni di salute positiva influenti. Per raggiungere lo scopo è stato utilizzato uno studio qualitativo di medicina narrativa utilizzando il metodo Giorgi per l’analisi dei testi. Con lo studio dei testi sono state individuate otto aree tematiche, che ricorrevano in modo simile nelle testimonianze: dolore, storia di disagio o traumi, depressione e uso di psicofarmaci, sintomi di accompagnamento e comorbilità, ritardo e difficoltà della diagnosi, miglioramento dopo la diagnosi, gratitudine e, infine, speranza. Sono state discusse le connessioni e individuati elementi intermedi influenti inseriti nel vissuto narrato.
La paura della morte e del morire negli studenti del terzo anno del corso di laurea in infermieristica: studio narrativo
Virginia Giannini Pieroni, Patrizia Monaco, Valerio Martinucci, Veronica D’Elia, Giulia Gemignani, Michela Maielli, Michelangelo Bacci, Sergio Ardis
Ogni morte genera nell’essere umano una fenomenologia di perdita dolorosa, ovvero un processo luttuoso. Gli infermieri vengono messi di fronte alla morte sin dal primo anno di studi e quindi devono imparare a confrontarsi con essa e con la fenomenologia del morire. Il presente studio nasce con l’obiettivo di acquisire conoscenze sul vissuto della morte e del morire negli studenti iscritti al terzo anno di Infermieristica all’Università di Pisa in epoca pandemica. Attraverso la redazione di un racconto scritto, faremo luce su cosa pensano relativamente alla propria morte, alla morte altrui, al proprio fine vita e al fine vita altrui. I testi oggetto di studio sono stati raccolti nel primo semestre dell’A.A. 2020-2021 tramite un form online dove veniva dato come incipit per l’elaborazione “La prima volta che ho visto una persona morire”. Sono state raccolte un totale di 38 testimonianze, ma ne sono state analizzate solo 32; sono stati esclusi i testi di 5 studenti che non avevano dato il consenso ed anche il testo della candidata. Il quesito che è stato posto agli studenti per la redazione dell’elaborato era relativo alla prima e personale esperienza legata al decesso di una persona. Alcuni di essi erano relativi alla morte di una persona cara, altri alla morte di un paziente. Grazie al metodo Giorgi, abbiamo potuto individuare 7 aree tematiche frequenti che si ripetevano all’interno di entrambi i sottogruppi. Sul totale di 32 testimonianze, 24 raccontavano le emozioni relative alla morte di un paziente e 8 le emozioni relative alla morte di una persona cara. I dati qualitativi ci mostrano una risposta luttuosa normale per la morte di una persona cara, mentre ci danno un quadro frequente di sofferenza quando gli studenti vivono questo evento come morte di un paziente. Alla luce delle conoscenze apportate dallo studio potrebbero essere proposti dei training di preparazione alla morte che mirino ad ottenere una risposta resiliente all’evento.
Una malattia per la vita. L’esperienza della disperazione nella malattia cronica alla luce del pensiero di Kierkegaard
Lucia Libondi
In questo scritto ci si propone di rileggere, alla luce di alcune riflessioni proposte dal filosofo danese Kierkegaard, quel peculiare tipo di esperienza esistenziale quale è la convivenza con una malattia cronica invalidante. Verranno messe a confronto l’esperienza della malattia con quella della disperazione come disagio esistenziale descritta da Kierkegaard. Verranno quindi analizzate le conseguenze dei due disagi nella dimensione pratica e i risvolti di questi cambiamenti sulla volontà dell’individuo. In particolare mi riferirò a una malattia neuro-immune di cui non sono ancora conosciute le cause e la cura, e che si stima affligga dai 17 ai 30 milioni di persone al mondo: l’encefalomielite mialgica o sindrome da fatica cronica (ME/CFS). Il caso della ME/CFS sembra particolarmente interessante, all’interno dell’ampio insieme di disturbi cronici esistenti, perché le condizioni di vita delle persone affette dalla patologia nella loro descrizione sono del tutto simili all’esperienza esistenziale della disperazione così come descritta da Kierkegaard. Il filosofo danese indica la disperazione come occasione di operare il grande salto tra lo stile di vita estetico e quello etico, occasione quindi di migliorare la qualità della propria esistenza. A partire dal punto di vista di Kierkegaard, si metteranno in luce i cambiamenti che la patologia introduce nella quotidianità dei malati e si cercherà di dimostrare che anch’essa può essere interpretata come occasione di miglioramento, se non altro, a livello esistenziale. Vedremo come le circostanze imposte dalla malattia possano avere il felice esito che può avere la disperazione per il filosofo, se affrontata in modo costruttivo, ovvero quello di portare l’individuo a scegliere il se stesso più autentico. Si potrebbe dire che la malattia forzi la disperazione a emergere al punto che, come dice il Wilhem di Kierkegaard, ci si trova a un bivio «cosicché non ci sia altra via d’uscita che lo scegliere».
La bellezza della cura: metodo di formazione e ascolto attivo
Silvana Kuhtz
Leggere a voce alta e ascoltare questa forma di musica significante è una scoperta di sé e degli altri, è essenziale come respirare. Le parole hanno un valore espressivo e curativo, aiutano a fare ordine e a prendere il controllo in situazioni fuori dal nostro controllo. Ascoltare, leggere a voce alta ha forti impatti sulla salute dei pazienti in strutture sanitarie di vario genere. In questo articolo si descrivono alcune esperienze del metodo “La bellezza della cura”, che è un metodo di formazione ECM per le asl (in particolare la ASL Bari) che usa poesia e musica nei giorni di lezione. Viste le difficoltà sorte durante la pandemia è diventato un metodo che attinge a tutto un archivio audio ricco di tracce in italiano e in francese, cui chiunque può accedere gratuitamente, nato specificamente durante il lockdown. Le tracce sono state preparate e registrate opportunamente da professionisti della parola detta a voce alta.
Il mare nelle narrazioni autobiografiche pandemiche degli adolescenti
Andrea Tarantino, Francesco Bearzi
In alcune narrazioni autobiografiche pandemiche adolescenziali, fecondamente correlabili con le evidenze restituite da altri strumenti etnografici, emerge la presenza del mare come paradigma esperienziale e metaforico della trasformazione. Quanto vissuto a contatto con il mare, con tutto il proprio essere, è stato riscoperto da questi adolescenti in regime di quarantena come modello della pienezza della tanto agognata libertà. Il mare, inoltre, ricorre nei racconti e nei diari autobiografici come metafora dell’immersione nelle insondabili profondità della psiche e nelle “ulteriorità” dove si fondono i Sé possibili e l’Altro, per rappresentare gli straordinari processi introspettivi attivati in molti adolescenti dalla situazione pandemica, soprattutto durante il lockdown. La contemplazione del mare, concretamente sperimentata e al tempo stesso paradigma metaforico di consimili esperienze, tende infine, in alcune narrazioni autobiografiche, a compendiare tutte le pratiche di immersione nella natura spontaneamente agite nel corso della propria esistenza, orientando verso modalità di funzionamento dell’organismo secondo “relazionalità ecosistemica”.
Difficoltà adolescenziali nelle diverse fasi pandemiche a confronto: un focus group
Francesco Bearzi
Per comprendere l’esperienza pandemica adolescenziale è essenziale apprezzarne l’articolazione in diverse fasi, caratterizzate da peculiari criticità e opportunità evolutive. In un focus group realizzato nel dicembre 2021, con la partecipazione di 48 studenti liceali (16-19 anni), articolati in quattro distinti gruppi classe, si sono confrontate le difficoltà affrontate nel corso della “prima fase pandemica” ‒ lockdown totale, inizio marzo-inizio giugno 2020 ‒ e della “seconda” ‒ anno scolastico seguente, metà settembre 2020-inizio giugno 2021. Risulta confermato e approfondito il quadro sempre più chiaramente delineato dall’utilizzo di vari strumenti di ricerca, specie etnografici. Una minoranza di adolescenti riferisce vissuti particolarmente critici nella prima fase, che molti invece considerano uno straordinario, benché sofferto, détournement. La stessa concezione dell’esistenza stimolata dalla pandemia presenta notevoli punti di forza, da valorizzare, come richiesto dall’Unesco, in termini di re-immaginazione di futuri equi, pacifici e sostenibili. Riemergono infine, in questi focus group, i ruoli profondamente divergenti esercitati dal sistema educativo nelle due fasi, invitando a riflessioni strutturali sull’imprescindibilità di modelli organizzativi autenticamente cooperativi e democratici, incentrati sulla pienezza della relazione educativa.
La concezione della vita tra pandemia e guerra: un focus group con gli adolescenti
Francesco Bearzi,Laura Usai
Nella cornice della sfida della sostenibilità, la pandemia e l’invasione dell’Ucraina trasformano in profondità la concezione della vita e l’immaginazione del futuro. Mediante due focus group, inizio aprile 2022, 14 e 10 partecipanti, età 17-18 anni, si è indagato l’effetto combinatorio e differenziale dell’esposizione ai due processi. Ne risulta il notevole livello di elaborazione del vissuto pandemico, interpretato in termini convergenti con quanto restituito da vari strumenti etnografici. Alle sofferte vicissitudini si tende ad attribuire un valore fortemente evolutivo, con particolare riferimento al lockdown iniziale. Dal più recente confronto con la guerra tende invece ad emergere un dominio esperienziale più complesso, sfuggente e subliminale. Pur confermandosi le generative dinamiche di profonda compartecipazione del vissuto degli adolescenti ucraini inizialmente sperimentate attraverso i social network, si evidenzia un progressivo distacco dal conflitto, da interpretarsi come efficace strategia difensiva funzionale al mantenimento di un ottimale equilibrio psichico e alla pienezza della presenza nell’hic et nunc. La guerra, pur continuando ad impegnare energie, soprattutto a livello inconscio, aleggia in una dimensione mediata e sospesa, rispondente alla natura di un’esperienza individuale e di gruppo per lo più indiretta. Secondo questi adolescenti, la pandemia ha magistralmente insegnato, la guerra semplicemente chiosato, la fragilità dell’esistenza e l’incertezza del futuro. Ciò induce a vivere pienamente ogni attimo, conoscendosi nel profondo e coltivando relazioni autentiche. Appare essenziale valorizzare una tale sempre più sentita filosofia in termini educativi, in sinergia con la consapevolezza dell’imprescindibilità della costruzione di futuri pacifici, equi e sostenibili, decisamente più radicata nella Generazione Z che nel resto della società.
Quando la guerra si fa esperienza. Costruire la peace education con gli adolescenti
Francesco Bearzi, Pier Paolo Tarsi,
Come emerge da strumenti etnografici, sin dal momento dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa (24 febbraio 2022), il conflitto ha costituito per gli adolescenti italiani una dolorosa quanto trasformativa opportunità di peace education. La valorizzazione di un tale potenziale educativo richiede primariamente il confronto con la prospettiva dell’apprendimento esperienziale e della embodied cognition, incontrando i processi spontaneamente attivatisi nella semiosfera adolescenziale. L’agentività della re-immaginazione di «futuri equi, pacifici e sostenibili», nel contesto di un nuovo patto sociale intergenerazionale (ICFE, 2021), rischia però di subire un grave depotenziamento se gli adolescenti non recupereranno fiducia nelle capacità rigenerative dei processi politici operanti negli stessi ordinamenti liberaldemocratici; se, inoltre, i sistemi educativi non promuoveranno contesti organizzativi autenticamente cooperativi e democratici, in controtendenza con quanto sta avvenendo nel nostro Paese.
Di seguito pubblichiamo titolo e autori dei contributi presentati per solo abstract:
Mancanza di gentilezza nelle relazioni lavorative: effetti psicologici, neurologici e sociali
Sabrina Bonino, Davide Filippi
Benessere, società e virus
Sabrina Bonino, Davide Filippi
Ospedale Evangelico Internazionale (OEI) di Genova
Marinella Fulgheri, Alessio Parodi, Barbara Oliveri Caviglia
Influenza della pandemia sulla paura della morte e del morire degli studenti di infermieristica: studio cross-sectional
Sergio Ardis, Virginia Giannini Pieroni, Valerio Martinucci, Veronica D'Elia, Michela Maielli, Dragos Constantin Gavriliu, Michelangelo Bacci, Patrizia Monaco
La gratuità della gentilezza
Valerio Spadone
Motivazione – work engagement e psicologia positiva
Giancarlo Martinelli
La gentilezza nelle istituzioni e nei sistemi per la salute
Erio Ziglio