Il "fenomeno mendicante" ebbe a Napoli un carattere unitario, sia per i tempi e i modi della sua diffusione e dei rapporti che ebbe con la monarchia e con le istituzioni politiche e sociali cittadine, sia soprattutto per come fu percepito dal laicato. Molti devoti si sentirono infatti legati non ad un solo Ordine, ma a tutto il variegato mondo dei frati; il che non impedì che ogni convento si ritagliasse un ruolo suo proprio attraverso il legame organico con il quartiere in cui era inserito e, soprattutto, con il seggio nobiliare che vi esercitava una forte egemonia sul piano sociale e politico.
Napoli però fu soprattutto la città nella quale la dialettica politico-sociale e la vita religiosa erano condizionate dalla presenza della monarchia, che cercò il consenso dei sudditi anche attraverso il sostegno agli Ordini religiosi che esercitavano su di loro una maggiore influenza.
Monarchia, nobiltà, ceti popolari: questi i destinatari di un’opera di animazione religiosa multiforme e connotata anche di forti componenti etico-politiche, che i Mendicanti condussero a Napoli attraverso percorsi complessi, seguendo i quali si va al di là dell’ambito religioso e si penetra nella storia di una città dotata di una identità forte e originale.
Napoli però fu soprattutto la città nella quale la dialettica politico-sociale e la vita religiosa erano condizionate dalla presenza della monarchia, che cercò il consenso dei sudditi anche attraverso il sostegno agli Ordini religiosi che esercitavano su di loro una maggiore influenza.
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Nei decenni finali del secolo scorso la storiografia sugli Ordini mendicanti, molto interessata a cogliere le motivazioni sociali del loro successo, ha mirato, come ha osservato di recente Giulia Barone, a valorizzare gli elementi cha accomunano le varie famiglie religiose, invece delle differenze che, sia pur nel contesto di un quadro storico unitario, esistevano tra di loro. Oggi va emergendo una tendenza in senso contrario, rispetto alla quale questo libro, che parla ancora nel titolo di "Ordini mendicanti" in rapporto ad un ben definito contesto sociale e territoriale, va nella direzione opposta, e ciò non perché su tematiche di questo genere la storiografia relativa al Mezzogiorno sia da sempre in ritardo rispetto a quella che si occupa di altre realtà italiane ed europee né, tantomeno, per il gusto di andare controcorrente, ma per il semplice motivo che in una città come Napoli, per le ragioni che spero emergano chiaramente da quanto si dirà più avanti, il "fenomeno mendicante" ebbe un carattere fortemente unitario, sia per i tempi e i modi della sua diffusione e dei rapporti che ebbe con la monarchia e con le istituzioni politiche e sociali cittadine, sia soprattutto per come fu percepito dal laicato e dal mondo ecclesiastico. Intanto la penetrazione degli Ordini mendicanti a Napoli fu più precoce rispetto al resto del Mezzogiorno, dove raggiunse una certa consistenza solo nella seconda metà del Duecento, laddove nell’Italia centro-settentrionale i frati avevano già conseguito posizioni di forza intorno agli anni Trenta dello stesso secolo. La storiografia tradizionalmente ha collegato questo ritardo con la situazione politica del tempo, caratterizzata dallo scontro tra Federico II e il Papato, al cui fianco si schierarono soprattutto i Minori e i Predicatori, e il successivo aumento delle fondazioni conventuali all’appoggio fornito ai frati dai sovrani angioini. Giovanni Vitolo alcuni anni fa ha riaperto però la questione sulla base di analogie da lui riscontrate con quanto avvenne in un’area molto distante dal Regno, vale a dire il Piemonte, dove essi giunsero con altrettanto ritardo: ritardo che Grado Giovanni Merlo ha ricondotto alla capacità delle istituzioni ecclesiastiche diocesane e del monachesimo vecchio e nuovo di continuare a dare, nella prima metà del Duecento, una risposta ai fermenti religiosi che percorrevano la società locale. Un fenomeno analogo Vitolo ha ritenuto che possa aver giocato un qualche ruolo anche in l’Italia meridionale, dove Verginiani, Pulsanesi, Florensi e varie congregazioni monastiche del XII secolo a più limitato raggio d’azione, cui si aggiunsero successivamente Cistercensi e Celestini, operarono una forma assai efficace di animazione religiosa del laicato...