Pietro Aretino (Arezzo, 20 aprile 1492 - Venezia, 21 ottobre 1556) è conosciuto per alcuni suoi scritti dal contenuto licenzioso, fra cui i celeberrimi Sonetti lussuriosi. Scrisse anche i Dubbi amorosi e varie opere di contenuto religioso. Della sua infanzia si sa poco. Il padre fu un povero calzolaio di nome Luca Del Buta; la madre, Margherita dei Bonci detta Tita, fu modella scolpita e dipinta da parecchi artisti del periodo. Al poeta piacque definirsi "figlio di cortigiana, con anima di re". Visse a Perugia, dove studiò pittura e frequentò la locale università. Trasferitosi nel 1517 a Roma, presso la corte Agostino Chigi (frequentata dallo stesso Raffaello), si mise poi al servizio del cardinale Giulio de' Medici ed in seguito di papa Leone X.
Al 1522 risale probabilmente la stesura delle Pasquinate, poemetti satirici ispirati dalle anonime proteste contro la Curia che venivano affisse sul busto marmoreo del Pasquino, a piazza Navona. A causa di questi componimenti fu esiliato da papa Adriano VI (Pietro soprannominò il pontefice la tedesca tigna). Poté far ritorno a Roma solo nel 1523 con Clemente VII sul soglio papale. Nel 1525 decise di lasciare definitivamente Roma e trascorse due anni a Mantova al servizio di Giovanni dalle Bande Nere, con cui strinse una sincera amicizia. Nel 1527 si trasferì a Venezia, dove morì nel 1556.
Tra le opere principali si ricordano: Sonetti lussuriosi, Dubbi amorosi, Lettere, Ragionamento della Nanna e della Antonia fatto a Roma sotto una ficaia (1534), Dialogo nel quale la Nanna insegna alla Pippa sua figliola (1536), Orlandino (1540). Tra le commedie: Fraza, La Cortigiana, Il marescalco, La talanta, Lo ipocrito, Il filosofo. Tra le tragedie: Orazia.
Al 1522 risale probabilmente la stesura delle Pasquinate, poemetti satirici ispirati dalle anonime proteste contro la Curia che venivano affisse sul busto marmoreo del Pasquino, a piazza Navona. A causa di questi componimenti fu esiliato da papa Adriano VI (Pietro soprannominò il pontefice la tedesca tigna). Poté far ritorno a Roma solo nel 1523 con Clemente VII sul soglio papale. Nel 1525 decise di lasciare definitivamente Roma e trascorse due anni a Mantova al servizio di Giovanni dalle Bande Nere, con cui strinse una sincera amicizia. Nel 1527 si trasferì a Venezia, dove morì nel 1556.
Tra le opere principali si ricordano: Sonetti lussuriosi, Dubbi amorosi, Lettere, Ragionamento della Nanna e della Antonia fatto a Roma sotto una ficaia (1534), Dialogo nel quale la Nanna insegna alla Pippa sua figliola (1536), Orlandino (1540). Tra le commedie: Fraza, La Cortigiana, Il marescalco, La talanta, Lo ipocrito, Il filosofo. Tra le tragedie: Orazia.
Libro Italia € 9,99 (lo compro qui) E-book Italia € 0,89 (lo compro qui) Amazon Italia € 9,99 (lo compro qui) | Libro USA $ 10,99 (lo compro qui) E-book USA $ 0,99 (lo compro qui) E-book Germania € 0,89 (lo compro qui) |
Libro Germania € 10,49 (lo compro qui) Libro Regno Unito £ 7,49 (lo compro qui) E-book Regno Unito £ 0,77 (lo compro qui) | Libro Francia € 9,99 (lo compro qui) Libro Spagna € 9,99 (lo compro qui) Libro Austria € 10,99 (lo compro qui) |
Certamente se il mio animo, il quale è con voi quasi sempre, non mi vi rammentava, io era a peggior partito che non sono i vizi còlti in uggio da lo odio che in eterno gli portarà quella libertà di natura concessami da le stelle: perché, sendo io tenuto di molto obligo con una schiera di mezzi iddii, non sapeva a chi mi intitolare la istoria che io vi intitolo. S'io la dedicava al re di Francia, ingiuriava quel dei Romani. Offerendola al gran genero di Cesare e gran duca di Fiorenza, lume di giustizia e di continenzia, mi dimostrava ingrato a la somma bontà di Ferrara. Volgendola al magno Antonio da Leva, che averia detto di me l'ottima eccellenzia di Mantova e l'onorato marchese del Vasto? Porgendola al buon prencipe di Salerno, dispiaceva al fedel conte Massimiano Stampa. Se io la indrizzava a don Lopes Soria, con qual fronte mi rivolgeva io dintorno al conte Guido Rangone e al signor Luigi Gonzaga suo cognato, le cui qualità onorano tanto l'armi e le lettere quanto l'armi e le lettere onorano lui? Se io la presentava a Loreno, chi mi assicurava de la grazia di Trento? Che sodisfazione dava io a Claudio Rangone, lampa di gloria, colocandola nel signor Livio Liviano, o nel generoso cavalier da Legge? Come trattava io l'ottimo signor Diomede Caraffa e il mio signor Giambattista Castaldo, a la gentilezza del quale tanto debbo, caso che io ne avesse ornato qualcuno altro? Ma lo apparirmi voi ne la mente è stato cagione che io vi porgo i presenti ragionamenti: e ben lo meritano le condizioni le quali vi fanno risplendere come ne le loro risplendono i miei benefattori. E se io vi teneva in fantasia quando consacrai i tre giorni dei Capricci al Bagattino, per avere egli la qualità dei gran maestri (che io odio per grazia de la loro avarizia), uscivano forse in campo a nome vostro: solo per aver voi di quelle parti le quali hanno i grandi uomini che io per lor vertù adoro, e sète mercatante nel procacciare e re nel dispensare, né senza quale vi congiugneste di carnal benivolenzia col tanto animoso quanto infelice Marco di Nicolò.