Il catalogo di una mostra ospitata nel 1992 presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze, e dedicata ai rapporti tra umanesimo e geografia, sottolineava che tutte le città che in quell’anno contribuivano alle celebrazioni per il quinto centenario della “scoperta” del Nuovo Mondo avevano dovuto far ricorso al materiale documentario conservato presso gli archivi e le biblioteche fiorentine. E che in quei documenti c’è il sicuro preludio scientifico e concettuale alle imprese colombiane, intuite e auspicate con ferma oggettività e limpida determinazione. Tanto interesse era sostenuto da quello commerciale e artigianale, alla base di un’economia cittadina tesa a cogliere l’utilità di nuove e migliori conoscenze, servissero queste alla fissazione delle tinture, all’estrazione dell’allume o al raggiungimento di qualsivoglia altro proposito produttivo avesse a che fare allora con le attività locali. Nella Toscana medicea del ’500, legata alla Spagna per motivi politici e dinastici, ogni attenzione fu tuttavia particolarmente sollecitata e nutrita dalla preziosità e bellezza dei reperti naturali e dei manufatti che giungevano d’oltreoceano, contribuendo a un gusto sempre più ricercato e curioso e a un collezionismo di qualità e ampiezza straordinarie. A questi, nei secoli, è tornata a guardare l’America, percorrendo ponti culturali da entrambi i lati sempre più forti e consapevoli.