Mattia Pascal, timido provinciale, si allontana da casa dopo una delle solite liti con la moglie Romilda e la suocera Marianna Pescatore e, arrivato a Montecarlo, vince, giocando a caso, diverse decine di migliaia di lire. Il possesso di questa grossa somma e la lettura di una notizia di cronaca che annunzia la sua morte, (si tratta dell'erronea identificazione del cadavere di un disperato che s'è ucciso buttandosi in un pozzo) lo spingono a simulare davvero la morte, e a tentare di cominciare una nuova vita. Mattia Pascal diventa così Adriano Meis, e va a stabilirsi a Roma, in una curiosa pensione di famiglia, tenuta dal signor Anselmo Paleari e dalla figlia Adriana, ma dominata da un tale Terenzio Papiano, vedovo di un'altra figlia del Paleari, un furfante spregiudicato e pericoloso. Nella casa vivono anche un fratello di Terenzio, Scipione, mezzo epilettico e mezzo ladro, e una pensionante, Silvia Caporale, maestrina di musica. Sono questi i personaggi che cominciano a ricreare attorno a Mattia la vita sociale alla quale egli aveva pensato di sfuggire. Alla fine il protagonista, non potendo liberarsi altrimenti dalla nuova realtà cresciutagli intorno se non "morendo" di nuovo, decide di uccidere Adriano Meis e di riprendere la sua antica personalità di Mattia Pascal. Così ritorna al paese, trova la moglie sposata a un suo antico innamorato e con una figlioletta, si rifiuta di riprendere il suo posto nella vita civile e familiare, rimane il fu Mattia Pascal che ogni tanto si reca a visitare, fra la curiosità beffarda dei concittadini, la propria tomba.
Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo:
- Io mi chiamo Mattia Pascal.
- Grazie, caro. Questo lo so.
- E ti par poco?
Non pareva molto, per dir la verità, neanche a me. Ma ignoravo allora che cosa volesse dire il non sapere neppur questo, il non poter più rispondere, cioè, come prima, all'occorrenza:
- Io mi chiamo Mattia Pascal.
Qualcuno vorrà bene compiangermi (costa così poco), immaginando l'atroce cordoglio d'un disgraziato, al quale avvenga di scoprire tutt'a un tratto che... sì, niente, insomma: né padre, né madre, né come fu o
come non fu; e vorrà pur bene indignarsi (costa anche meno) della corruzione dei costumi, e de' vizii, e della tristezza dei tempi, che di tanto male possono esser cagione a un povero innocente. Ebbene, si accomodi. Ma è mio dovere avvertirlo che non si tratta propriamente di questo. Potrei qui esporre, di fatti, in un albero genealogico, l'origine e la discendenza della mia famiglia e dimostrare come qualmente non solo ho conosciuto mio padre e mia madre, ma e gli antenati miei e le loro azioni, in un lungo decorso di tempo, non tutte veramente lodevoli.
E allora?
Ecco: il mio caso è assai iù strano e diverso; tanto diverso e strano che mi faccio a narrarlo.
Luigi Pirandello (Girgenti, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Per la sua produzione, le tematiche affrontate e l'innovazione del racconto teatrale è considerato tra i più importanti drammaturghi del XX secolo. Tra i suoi lavori spiccano diverse novelle e racconti brevi (in lingua italiana e siciliana) e circa quaranta drammi, l'ultimo dei quali incompleto. Tra le sue opere: Uno, nessuno e centomila (1925), Novelle per un anno (1922), Sei personaggi in cerca d'autore (1921), Enrico IV (1922), Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1916), Così è (se vi pare) (1918),