Tullio Hermil, ex diplomatico e ricco proprietario terriero, è da sette anni marito di Giuliana, dalla quale ha avuto due figlie. Egli, tipico superuomo dannunziano, dai gusti raffinati e privo di moralità, ha un temperamento inquieto e sensuale e tradisce la moglie continuamente. Una grave malattia di Giuliana sembra riavvicinarlo a lei, ma è un'illusione. Quando poi, veramente pentito, Tullio torna da lei, deve apprendere che la donna lo ha tradito a sua volta e aspetta un figlio dallo scrittore Filippo Arborio; il protagonista comincia a nutrire odio verso "quel figlio non suo", sin da quando il bambino è ancora in grembo alla madre. Il nascituro viene visto dai due come un elemento di disturbo del loro improbabile amore. Ma la gravidanza è difficile e i coniugi sperano che il bimbo muoia prima di venire alla luce, oppure lo uccideranno loro stessi, sollevandosi da un grave problema. Venuto al mondo l'innocente, Giuliana si fa silenziosa complice del piano disumano del marito. Tullio, approfittando della breve assenza della governante, espone il bambino al gelo di una notte natalizia. Questo ovviamente si ammala e muore poco dopo, fra la disperazione dei parenti e dei servitori.
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Andare davanti al giudice, dirgli: “Ho commesso un delitto. Quella povera creatura non sarebbe morta se io non l'avessi uccisa. Io Tullio Hermil, io stesso l'ho uccisa. Ho premeditato l'assassinio, nella mia casa. L'ho compiuto con una perfetta lucidità di conscienza, esattamente, nella massima sicurezza. Poi ho seguitato a vivere col mio segreto nella mia casa, un anno intero, fino ad oggi. Oggi è l'anniversario. Eccomi nelle vostre mani. Ascoltatemi. Giudicatemi”. Posso andare davanti al giudice, posso parlargli così?
Non posso né voglio. La giustizia degli uomini non mi tocca. Nessun tribunale della terra saprebbe giudicarmi.
Eppure bisogna che io mi accusi, che io mi confessi. Bisogna che io riveli il mio segreto a qualcuno.
A CHI?