Claudio Cantelmo è l'ultimo discendente di una nobile e antica famiglia che in passato ha dato all'Italia condottieri e politici prestigiosi. Il ricordo di costoro unitamente al rigetto dei valori borghesi della società in cui è costretto a vivere, lo portano a concepire l'idea di generare un erede degno di tali illustri antenati mediante l'unione con una nobildonna di pari rango. Il rampollo dovrà portare a compimento l'«ideal tipo latino», imponendosi sulle plebi con la forza della volontà dominatrice e con gli attributi caratteriali e intellettuali che hanno fatto in passato la grandezza sia della famiglia paterna che materna. Il protagonista vuole pertanto generare una sorta di superuomo che riassuma in sé le caratteristiche più alte delle due stirpi da cui proviene. Restaurati i valori aristocratici di un tempo potrà porsi alla guida del suo popolo e condurlo verso mete sempre più alte divenendo egli stesso un novello "re di Roma". Abbandonata la corrotta capitale d'Italia, Claudio si trasferisce in un'appartata e indefinita località dell'ex Regno delle due Sicilie, dove ha trascorso l'infanzia e dove riallaccia i rapporti con una nobile famiglia del posto, anche se decaduta: i principi Capece-Montaga, che vivono in un palazzo in sfacelo, nel culto ossessivo del passato borbonico, e con due dei loro membri sconvolti dalla follia. Claudio si sente subito attratto dalle tre figlie del principe: Violante, la maggiore, bella, altera, sensuale, Massimilla, pura e sensibile, ma in procinto di prendere i voti, Anatolia, depositaria dei valori familiari che con abnegazione si occupa della madre demente e del fratello, Antonello, psichicamente instabile e perturbato. Il protagonista è consapevole che una delle tre sorelle sarà la madre dell'erede intellettualmente superdotato che egli desidera generare, ma non sa decidersi: ognuna di esse possiede infatti virtù e caratteristiche uniche che potrebbero essere trasmesse alla discendenza. Alla fine la scelta cade su Anatolia, che non senza rammarico rifiuterà la proposta di matrimonio per poter continuare ad assistere la vecchia madre demente, il fratello psicolabile e il vecchio padre. Anatolia stessa, tuttavia, spinge Claudio a prendere in considerazione, come futura consorte, sua sorella Violante, non solo perché è la primogenita, ma anche perché degna del suo amore. Non ci è dato sapere se Claudio, seguendo il suggerimento di Anatolia, sceglierà Violante, anche perché Qui finisce il libro delle vergini e incomincia il libro della Grazia. Lo snodo della vicenda infatti, avrebbe dovuto aver luogo nel secondo romanzo della trilogia progettata da D'Annunzio e mai portata a compimento.
Io vidi con questi occhi mortali in breve tempo schiudersi e splendere e poi sfiorire e l'una dopo l'altra perire tre anime senza pari: le più belle e le più ardenti e le più misere che sieno mai apparse nell'estrema discendenza d'una razza imperiosa.
Su i luoghi dove la loro desolazione, la loro grazia e il loro orgoglio passavano ogni giorno, io colsi pensieri lucidi e terribili che le antichissime rovine delle città illustri non mi avevano mai dato. Per scoprire il mistero delle loro ascendenze remote, esplorai la profondità dei vasti specchi familiari dove talvolta esse non ravvisarono le loro proprie imagini soffuse d'un pallore simile a quello che annunzia il dissolvimento dopo la morte; ed a lungo scrutai le vecchie cose consunte su cui le loro mani fredde o febrili si posarono col medesimo gesto, forse, che avevano usato altre mani già fatte polvere da gran tempo.
Tali io le conobbi nel tedio dei giorni comuni o sono esse le creature del mio desiderio e della mia perplessità?
Tali io le conobbi nel tedio dei giorni comuni ed esse sono le creature del mio desiderio e della mia perplessità...
Gabriele D’Annunzio (Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1 marzo 1938) è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e patriota italiano, simbolo del Decadentismo e celebre figura della prima guerra mondiale. Soprannominato “il Vate”, cioè “poeta sacro, profeta”, cantore dell’Italia umbertina occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. È stato definito «eccezionale e ultimo interprete della più duratura tradizione poetica italiana e come politico lasciò un segno nella sua epoca e un’influenza sugli eventi che gli sarebbero succeduti. Tra le sue opere da noi edite ricordiamo: Il fuoco, Le novelle della Pescara, L'innocente, Giovanni Episcopo.