La badessa di Castro è un romanzo breve, pubblicato a Parigi nel 1839, da Henri-Marie Beyle, meglio noto col nome di Stendhal (1783-1842). La storia narra l'amore travagliato tra la fanciulla di illustri origini, Elena di Campireali, costretta a farsi suora, e il brigante Giulio Branciforti, sullo sfondo della campagna tirrenico-romana della metà del Cinquecento. I critici letterari lo ritengono un primo, ben riuscito, tentativo di scrittura di un nuovo filone artistico che troverà il suo più completo esemplare nel successivo La Certosa di Parma. La storia ha un fondamento storico. Pare che Stendhal si fosse ritrovato in possesso di alcune carte contenenti informazioni su pene capitali e relazioni di omicidi. Di questi curiosi documenti si era fatto trascrivere quattro cronache in particolare: "Vittoria Accoramboni", "I cenci", "La duchessa di Palliano" e "La badessa di Castro", pubblicate in rivista e poi, nel 1839 in un unico libro...
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Il melodramma italiano ci ha mostrato così spesso i briganti del Cinquecento, e tanta gente ne ha parlato, senza conoscerli, che noi abbiamo intorno ad essi le idee più false. Si può dire, in generale, che i briganti costituirono l'"opposizione" contro gli atroci governi che in Italia succedettero alle repubbliche del Medioevo. Il nuovo tiranno fu di solito il più ricco cittadino della defunta repubblica, il quale, per accattivarsi il favore del basso popolo, ornava la città di splendide chiese e di bei quadri. Tali furono i Polentani di Ravenna, i Manfredi di Faenza, i Riaro di Imola, gli Scaligeri di Verona, i Bentivoglio di Bologna, i Visconti di Milano, e finalmente i meno bellicosi e i più ipocriti di tutti, i Medici di Firenze. Nessuno tra gli storici di questi piccoli stati ha avuto il coraggio di raccontare gli avvelenamenti e gli innumerevoli assassinii ordinati dalla paura che tormentava quei tirannelli: quei pesanti storici erano al loro soldo.
Notate che ogni tiranno conosceva uno per uno i repubblicani da cui si sapeva esecrato (Cosimo granduca di Toscana, per esempio, conosceva lo Strozzi) e che parecchi tiranni morirono assassinati, e allora comprenderete la serietà del Cinquecento, l'odio profondo e l'eterna diffidenza che diedero tanto ingegno e tanto coraggio agli Italiani del Cinquecento e tanta genialità agli artisti di quel secolo.