Questo numero contiene:
Studi empirici e review narrative – editoriale - di Sergio Ardis
Empatia, gratitudine e speranza negli studenti italiani di infermieristica durante il secondo lockdown: studio cross-sectional - Sergio Ardis et al.
Lo studio cross-sectional è stato realizzato per misurare empatia, gratitudine e speranza negli studenti di infermieristica durante la pandemia. Per realizzare lo studio sono state utilizzate scale validate in lingua italiana. I punteggi di empatia misurati con due diverse scale sono risultati significativamente maggiori nelle femmine rispetto ai maschi. Tutte le dimensioni studiate sono risultate correlate. In particolare, l’empatia misurata con due scale ha mostrato correlazioni più forti con la gratitudine e meno forti con la speranza.
Comunicare la diagnosi post-natale di sindrome di Down: studio delle narrazioni del parto di neonati con trisomia 21 - Patrizia Monaco et al.
Lo scopo dello studio era la conoscenza della modalità di comunicazione utilizzata dai sanitari per comunicare ai genitori la nascita di un neonato con sindrome di Down e valutare gli effetti della notizia sui vissuti dei familiari. Per raggiungere lo scopo è stato utilizzato un disegno di indagine qualitativa fenomenologia basata sul metodo Giorgi per l’analisi. Le aree tematiche estrapolate sono “comunicazione appropriata” e “comunicazione inappropriata” per quanto riguarda la comunicazione della diagnosi, mentre per i vissuti cognitivi ed emotivi dei genitori “smarrimento e shock”, “separazione e solitudine”, “angoscia e paura”, “tristezza”, “speranza”, “risposta resiliente”. Lo studio fornisce un repertorio di conoscenza per medici, le ostetriche e tutti i sanitari che devono fornire la diagnosi post-partum di sindrome di Down. Al contempo lo studio può facilitare ogni comunicazione di disabilità cognitiva diagnosticata alla nascita.
La relazione di cura del paziente affetto da cardiomiopatia: uno studio di medicina narrativa - Elisa Magni et al.
Lo scopo generale di questo elaborato è stato quello di esplorare e comprendere la complessità dell’incontro tra il medico e il paziente con cardiomiopatia attraverso l’approccio della medicina narrativa illustrando il progetto di ricerca MN-CaRe. I colloqui tra medico e paziente sono stati audioregistrati, trascritti fedelmente e analizzati attraverso categorie di analisi stabilite dal gruppo di ricerca. I dati sono stati poi codificati all’interno di un foglio elettronico del software di analisi dati SPSS e analizzati tramite i test t di Student e correlazioni bivariate e parziali. Dall’analisi emerge come all’interno della consultazione la tendenza del medico sia quella di parlare significativamente di più e di porre più domande specifiche, mirate a ottenere una risposta “si o no”. Il paziente tende invece a rispondere in modo aperto anche quando il medico pone domande chiuse. Durante le visite di follow-up emerge all’interno del colloquio un aumento della partecipazione del paziente, il quale parla di più e pone più domande. In conclusione la medicina narrativa può essere un approccio utile in grado di cogliere, esplorare e interpretare il bisogno del paziente di raccontare all’interno della relazione con il medico, sottolineando come la comunicazione medico-paziente non possa limitarsi solo alla raccolta di informazioni per costruire l’anamnesi e formulare la diagnosi.
Buona comunicazione e spiritualità nella cura- Guido Miccinesi
Una buona comunicazione in medicina, cioè una comunicazione che sia efficace nell’allineare le aspettative dei soggetti coinvolti e quindi facilitare lo svolgersi della cura, diventa anche fondamento di una ulteriore integrazione possibile della relazione terapeutica. Si tratta della integrazione della spiritualità nella cura. L’evasività del termine oggi è stata ricondotta, attraverso la convergenza di una imponente mole di lavori scientifici e di consensus, alle fondamentali dimensioni del senso e della comunione universale. Entro questa cornice, in questo articolo si indica la compassion, cioè la motivazione compassionevole che ci dà il coraggio di affrontare la nostra realtà di essere uomini emersi dal processo evolutivo, quindi fragili-difettosi-limitati, e ci spinge ad aiutare chi di noi è più in difficoltà, come la principale via di accesso sia per cogliere la dimensione spirituale nella cura che per organizzare interventi di supporto per i malati e di formazione per gli operatori. Si indica poi come l’attenzione alla empatia piena (sia cognitiva che affettiva), alla dignità che si trasmette (o non si trasmette) con i gesti di cura, e ai valori personali permette una buona espressione della spiritualità nella cura. L’integrazione di questa dimensione nella cura chiede inoltre uno specifico riferimento a linee guida, oggi ampiamente esistenti, e a percorsi formativi che amplifichino la capacità di leggere i bisogni spirituali. Infine, secondo alcuni chiederebbe anche la formulazione di una diagnosi spirituale, ma su questo si esprime un dissenso e una soluzione alternativa.
Ethos umanitario e comunicazione non verbale in sanità - Massimiliano Marinelli
L’articolo si fonda su una premessa: il rapporto tra curante e curato deve essere orientato verso la persona. Si tratta di un rapporto che trascende la semplice interazione tecnica o procedurale per diventare un vero e proprio incontro tra esseri umani, arricchito dalle rispettive complessità, storie e vulnerabilità. Da questa concezione, che colloca la persona al cuore del sistema delle cure emerge e si evolve l’argomentazione principale dell’articolo. La relazione terapeutica, intesa in questo modo, si configura come l’ambiente in cui trovano forma e significato non solo gli interventi medici ma anche la modalità con cui vengono comunicati. Sulla base di questa premessa, si articola la tesi centrale: l’ethos umanitario non è un ornamento etico della pratica clinica, ma rappresenta una componente determinante per una comunicazione efficace in ambito sanitario, soprattutto in quella non verbale, al pari delle competenze tecniche e degli standard di comportamento. L’ethos, che si radica in un autentico interesse per l’altro e in una profonda empatia, guida sia il “come” sia il “perché” comunichiamo con i pazienti. Esso costituisce una condizione essenziale per una comunicazione che sia realmente centrata sul paziente, offrendo al professionista sanitario un linguaggio non verbale genuino e curativo che può rivelarsi cruciale nell’efficacia del dialogo. Di conseguenza, la formazione dei professionisti della salute dovrebbe includere, oltre allo sviluppo di abilità comunicative, la riscoperta e la coltivazione dell’ethos umanitario. L’affermazione di questa ipotesi comporta conseguenze rilevanti per la formazione dei professionisti della salute. I programmi formativi, tradizionalmente concentrati sull’acquisizione di abilità comunicative tecniche e sui protocolli di interazione con il paziente, dovrebbero integrare in modo sostanziale la dimensione etica e motivazionale che sottende ogni atto comunicativo in contesto sanitario. Non si tratta soltanto di insegnare ai medici cosa dire o come dire, ma anche di formare il loro carattere professionale in modo che la comunicazione emerga come espressione genuina di un ethos umanitario.
Il colloquio in terapia del dolore - Stefano Maiorano et al.
Il dolore cronico rappresenta un problema di salute pubblica rilevante. In questo articolo sarà riassunta la realtà dei servizi ambulatoriali di terapia del dolore in Italia ed illustrato come una relazione improntata sulla persona all’interno del colloquio clinico possa migliorare il servizio offerto dai centri algologici. La legge 38/2010 , stabilisce il diritto all’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore ma i rapporti al parlamento dimostrano un’applicazione ancora incompleta sul territorio nazionale. Le carenze di risorse e di personale non permettono di offrire sempre delle cure ottimali. Nuove evidenze scientifiche permettono di dimostrare come l’empatia possa essere appresa e sviluppata. Difendere e coltivare la relazione di cura, strutturando un approccio empatico da parte dei sanitari, permette di centrare la cura sui pazienti, migliorando gli outcome.
I familiari e la terapia intensiva: migliorare un ambiente ostile - Giovan Battista Previti et Al.
La terapia intensiva è un particolare reparto dove vengono ricoverati pazienti in gravissime condizioni di salute: le funzioni vitali sono compromesse a tal punto da essere necessarie svariate terapie, sofisticati macchinari e cure continue da parte dei sanitari per garantirne la sopravvivenza. Un reparto del genere espone, inevitabilmente, ad alti livelli di stress ed è definibile come un ambiente ostile sia per il paziente sia per sanitari e familiari. Come riportato da numerosi dati di letteratura, i primi sono a rischio di sviluppare problematiche psicologiche a lungo termine; i secondi riconoscono nell’ambiente lavorativo un’atmosfera ostile sotto molteplici aspetti; infine i familiari vivono l’esperienza della terapia intensiva come qualcosa di fortemente spaventoso e stressante. Nell’ottica di incrementare la qualità e la sicurezza nell’assistenza sanitaria, si parla da anni delle cure centrate sul paziente. Tale approccio, ormai consolidato, è supportato da diverse evidenze e, tra le altre cose, prevede il coinvolgimento dei parenti nel processo di cura. Pertanto, i familiari e il loro punto di vista sono da ritenersi fondamentali. Da osservazioni ormai ventennali, sono emersi i bisogni dei familiari in terapia intensiva. Risaltano molti temi come la necessità di condivisione delle informazioni e di un colloquio strutturato, il bisogno di rassicurazione e supporto emotivo; inoltre i familiari richiedono maggiore coinvolgimento nel processo di cura e flessibilità nell’accesso in terapia intensiva, come anche rispetto dei valori sociali e culturali nei confronti del loro parente. In un setting ad alto livello di stress in cui la comunicazione strutturata ed efficace deve essere garantita, riteniamo che il modello di comunicazione da noi usato, il Kalamazoo Consensus Statement Communication Checklist, sia appropriato e che ben si adatti alle esigenze di sanitari e familiari.
Studi empirici e review narrative – editoriale - di Sergio Ardis
Empatia, gratitudine e speranza negli studenti italiani di infermieristica durante il secondo lockdown: studio cross-sectional - Sergio Ardis et al.
Lo studio cross-sectional è stato realizzato per misurare empatia, gratitudine e speranza negli studenti di infermieristica durante la pandemia. Per realizzare lo studio sono state utilizzate scale validate in lingua italiana. I punteggi di empatia misurati con due diverse scale sono risultati significativamente maggiori nelle femmine rispetto ai maschi. Tutte le dimensioni studiate sono risultate correlate. In particolare, l’empatia misurata con due scale ha mostrato correlazioni più forti con la gratitudine e meno forti con la speranza.
Comunicare la diagnosi post-natale di sindrome di Down: studio delle narrazioni del parto di neonati con trisomia 21 - Patrizia Monaco et al.
Lo scopo dello studio era la conoscenza della modalità di comunicazione utilizzata dai sanitari per comunicare ai genitori la nascita di un neonato con sindrome di Down e valutare gli effetti della notizia sui vissuti dei familiari. Per raggiungere lo scopo è stato utilizzato un disegno di indagine qualitativa fenomenologia basata sul metodo Giorgi per l’analisi. Le aree tematiche estrapolate sono “comunicazione appropriata” e “comunicazione inappropriata” per quanto riguarda la comunicazione della diagnosi, mentre per i vissuti cognitivi ed emotivi dei genitori “smarrimento e shock”, “separazione e solitudine”, “angoscia e paura”, “tristezza”, “speranza”, “risposta resiliente”. Lo studio fornisce un repertorio di conoscenza per medici, le ostetriche e tutti i sanitari che devono fornire la diagnosi post-partum di sindrome di Down. Al contempo lo studio può facilitare ogni comunicazione di disabilità cognitiva diagnosticata alla nascita.
La relazione di cura del paziente affetto da cardiomiopatia: uno studio di medicina narrativa - Elisa Magni et al.
Lo scopo generale di questo elaborato è stato quello di esplorare e comprendere la complessità dell’incontro tra il medico e il paziente con cardiomiopatia attraverso l’approccio della medicina narrativa illustrando il progetto di ricerca MN-CaRe. I colloqui tra medico e paziente sono stati audioregistrati, trascritti fedelmente e analizzati attraverso categorie di analisi stabilite dal gruppo di ricerca. I dati sono stati poi codificati all’interno di un foglio elettronico del software di analisi dati SPSS e analizzati tramite i test t di Student e correlazioni bivariate e parziali. Dall’analisi emerge come all’interno della consultazione la tendenza del medico sia quella di parlare significativamente di più e di porre più domande specifiche, mirate a ottenere una risposta “si o no”. Il paziente tende invece a rispondere in modo aperto anche quando il medico pone domande chiuse. Durante le visite di follow-up emerge all’interno del colloquio un aumento della partecipazione del paziente, il quale parla di più e pone più domande. In conclusione la medicina narrativa può essere un approccio utile in grado di cogliere, esplorare e interpretare il bisogno del paziente di raccontare all’interno della relazione con il medico, sottolineando come la comunicazione medico-paziente non possa limitarsi solo alla raccolta di informazioni per costruire l’anamnesi e formulare la diagnosi.
Buona comunicazione e spiritualità nella cura- Guido Miccinesi
Una buona comunicazione in medicina, cioè una comunicazione che sia efficace nell’allineare le aspettative dei soggetti coinvolti e quindi facilitare lo svolgersi della cura, diventa anche fondamento di una ulteriore integrazione possibile della relazione terapeutica. Si tratta della integrazione della spiritualità nella cura. L’evasività del termine oggi è stata ricondotta, attraverso la convergenza di una imponente mole di lavori scientifici e di consensus, alle fondamentali dimensioni del senso e della comunione universale. Entro questa cornice, in questo articolo si indica la compassion, cioè la motivazione compassionevole che ci dà il coraggio di affrontare la nostra realtà di essere uomini emersi dal processo evolutivo, quindi fragili-difettosi-limitati, e ci spinge ad aiutare chi di noi è più in difficoltà, come la principale via di accesso sia per cogliere la dimensione spirituale nella cura che per organizzare interventi di supporto per i malati e di formazione per gli operatori. Si indica poi come l’attenzione alla empatia piena (sia cognitiva che affettiva), alla dignità che si trasmette (o non si trasmette) con i gesti di cura, e ai valori personali permette una buona espressione della spiritualità nella cura. L’integrazione di questa dimensione nella cura chiede inoltre uno specifico riferimento a linee guida, oggi ampiamente esistenti, e a percorsi formativi che amplifichino la capacità di leggere i bisogni spirituali. Infine, secondo alcuni chiederebbe anche la formulazione di una diagnosi spirituale, ma su questo si esprime un dissenso e una soluzione alternativa.
Ethos umanitario e comunicazione non verbale in sanità - Massimiliano Marinelli
L’articolo si fonda su una premessa: il rapporto tra curante e curato deve essere orientato verso la persona. Si tratta di un rapporto che trascende la semplice interazione tecnica o procedurale per diventare un vero e proprio incontro tra esseri umani, arricchito dalle rispettive complessità, storie e vulnerabilità. Da questa concezione, che colloca la persona al cuore del sistema delle cure emerge e si evolve l’argomentazione principale dell’articolo. La relazione terapeutica, intesa in questo modo, si configura come l’ambiente in cui trovano forma e significato non solo gli interventi medici ma anche la modalità con cui vengono comunicati. Sulla base di questa premessa, si articola la tesi centrale: l’ethos umanitario non è un ornamento etico della pratica clinica, ma rappresenta una componente determinante per una comunicazione efficace in ambito sanitario, soprattutto in quella non verbale, al pari delle competenze tecniche e degli standard di comportamento. L’ethos, che si radica in un autentico interesse per l’altro e in una profonda empatia, guida sia il “come” sia il “perché” comunichiamo con i pazienti. Esso costituisce una condizione essenziale per una comunicazione che sia realmente centrata sul paziente, offrendo al professionista sanitario un linguaggio non verbale genuino e curativo che può rivelarsi cruciale nell’efficacia del dialogo. Di conseguenza, la formazione dei professionisti della salute dovrebbe includere, oltre allo sviluppo di abilità comunicative, la riscoperta e la coltivazione dell’ethos umanitario. L’affermazione di questa ipotesi comporta conseguenze rilevanti per la formazione dei professionisti della salute. I programmi formativi, tradizionalmente concentrati sull’acquisizione di abilità comunicative tecniche e sui protocolli di interazione con il paziente, dovrebbero integrare in modo sostanziale la dimensione etica e motivazionale che sottende ogni atto comunicativo in contesto sanitario. Non si tratta soltanto di insegnare ai medici cosa dire o come dire, ma anche di formare il loro carattere professionale in modo che la comunicazione emerga come espressione genuina di un ethos umanitario.
Il colloquio in terapia del dolore - Stefano Maiorano et al.
Il dolore cronico rappresenta un problema di salute pubblica rilevante. In questo articolo sarà riassunta la realtà dei servizi ambulatoriali di terapia del dolore in Italia ed illustrato come una relazione improntata sulla persona all’interno del colloquio clinico possa migliorare il servizio offerto dai centri algologici. La legge 38/2010 , stabilisce il diritto all’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore ma i rapporti al parlamento dimostrano un’applicazione ancora incompleta sul territorio nazionale. Le carenze di risorse e di personale non permettono di offrire sempre delle cure ottimali. Nuove evidenze scientifiche permettono di dimostrare come l’empatia possa essere appresa e sviluppata. Difendere e coltivare la relazione di cura, strutturando un approccio empatico da parte dei sanitari, permette di centrare la cura sui pazienti, migliorando gli outcome.
I familiari e la terapia intensiva: migliorare un ambiente ostile - Giovan Battista Previti et Al.
La terapia intensiva è un particolare reparto dove vengono ricoverati pazienti in gravissime condizioni di salute: le funzioni vitali sono compromesse a tal punto da essere necessarie svariate terapie, sofisticati macchinari e cure continue da parte dei sanitari per garantirne la sopravvivenza. Un reparto del genere espone, inevitabilmente, ad alti livelli di stress ed è definibile come un ambiente ostile sia per il paziente sia per sanitari e familiari. Come riportato da numerosi dati di letteratura, i primi sono a rischio di sviluppare problematiche psicologiche a lungo termine; i secondi riconoscono nell’ambiente lavorativo un’atmosfera ostile sotto molteplici aspetti; infine i familiari vivono l’esperienza della terapia intensiva come qualcosa di fortemente spaventoso e stressante. Nell’ottica di incrementare la qualità e la sicurezza nell’assistenza sanitaria, si parla da anni delle cure centrate sul paziente. Tale approccio, ormai consolidato, è supportato da diverse evidenze e, tra le altre cose, prevede il coinvolgimento dei parenti nel processo di cura. Pertanto, i familiari e il loro punto di vista sono da ritenersi fondamentali. Da osservazioni ormai ventennali, sono emersi i bisogni dei familiari in terapia intensiva. Risaltano molti temi come la necessità di condivisione delle informazioni e di un colloquio strutturato, il bisogno di rassicurazione e supporto emotivo; inoltre i familiari richiedono maggiore coinvolgimento nel processo di cura e flessibilità nell’accesso in terapia intensiva, come anche rispetto dei valori sociali e culturali nei confronti del loro parente. In un setting ad alto livello di stress in cui la comunicazione strutturata ed efficace deve essere garantita, riteniamo che il modello di comunicazione da noi usato, il Kalamazoo Consensus Statement Communication Checklist, sia appropriato e che ben si adatti alle esigenze di sanitari e familiari.